protocollo aziendale

Protocollo aziendale anti-contagio, come realizzarlo?

Vediamo come realizzare un protocollo aziendale anti-contagio. Sappiamo infatti bene che la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione.

Si tratta del Protocollo condiviso di contrasto al Covid-19, un protocollo del 14 marzo che non ha solo una valenza per le Parti che lo hanno siglato. Bensì, rappresenta un significativo documento di riferimento per tutte le realtà.

Oggi analizziamo la “Guida operativa alla stipula del Protocollo aziendale anti-contagio”, curata dalla giuslavorista Cinzia Frascheri.

Una guida che illustra vari punti minimi essenziali di approfondimento. Il fine è quello di favorire le attenzioni per procedere in azienda alla stipula e adozione di un, corretto ed esaustivo, Protocollo di sicurezza anti-contagio.

Il quale si prevede venga redatto a cura del datore di lavoro. In collaborazione con l’RSPP, il medico competente (quando già previsto) e previa consultazione l’RLS (o RLST).

Il documento si sofferma poi sul settore di appartenenza dell’azienda e sull’adesione ad associazioni datoriali.

La valutazione dei rischi e il rispetto del protocollo condiviso dalle parti sociali

Riguardo al settore di appartenenza dell’azienda sono previsti due casi:

Azienda che opera in “settore sanitario” e nella quale nel proprio DVR era già stato valutato il rischio biologico

Dovrà essere rielaborata la valutazione del rischio. In particolare, intervenendo sulla valutazione del rischio biologico professionale – Titolo X del DLGS 81/08 s.m.

Un volta aggiornato il DVR (ai sensi dell’art.29, co.3 del DLGS 81/08 s.m.), verificando l’adeguatezza dei DPI forniti (nel rispetto del Titolo III).  Il datore di lavoro che non provvede in modo tempestivo, sarà soggetto alle sanzioni (art.55 e ss. del DLGS 81/08 s.m.) previste in materia di salute e sicurezza sul lavoro. 

Azienda che opera in “settore non sanitario” e nella quale nel proprio DVR non era già stato valutato il rischio biologico

In questo caso non deve essere rielaborata la valutazione del rischio. In particolare, in riferimento al rischio biologico, da classificare non professionale, ma generico.

Si prevede, invece, venga redatto uno specifico Protocollo di sicurezza anti-contagio (DPCM 11 marzo 2020).

Questo dovrà essere coerente con il DVR presente in aziend, che non dovrà essere aggiornato, e che verrà a questo allegato. Per quanto riguarda gli interventi di prevenzione e tutela dovranno essere individuati dal datore di lavoro. Nel rispetto del precetto cardine previsto dall’art.2087 c.c., ma nello specifico, in attuazione delle misure di prevenzione dettate dall’autorità pubblica: governo, ministeri…

Il datore di lavoro dovrà adeguare/integrare la propria organizzazione del lavoro. In accordo a come descritto nei Punti seguenti della guida, sulla base delle misure da attuare per garantire la tutela degli occupati, contrastando l’epidemia da COVID-19.   

Se per questa seconda tipologia di aziende il datore di lavoro non provvederà in modo tempestivo. Potrà rispondere, anche penalmente, delle conseguenze che il rischio da COVID-19. Seppure esogeno.

Potrebbe arrivare a determinare ai lavoratori venendo contagiati in occasione di lavoro (tra gli altri, art.18, co.1, lettere b, i), DLGS 81/08. 

La validità del protocollo aziendale

Inoltre, riguardo alla validità delle indicazioni del protocollo condiviso si indica che per ogni azienda che opera quale ambiente di lavoro non sanitario e che aderisce alle associazioni datoriali di Confindustria. Nonché Rete Imprese Italia, Confapi Alleanza Cooperative e Confservizi.

Sottoscrittrici con le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl, Uil, oltre al Presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri presenti per diretta competenza. E’ “previsto il rispetto” del “Protocollo condiviso”.

E nel rispetto del Protocollo condiviso si andranno così a concretizzare i punti raccomandati dal DPCM 11 marzo 2020.

In caso di mancato rispetto di quanto previsto nel Protocollo. Che deve, comunque, essere declinato in uno specifico Protocollo aziendale anti-contagio.

Ciò al fine della redazione del quale si rimanda ai Punti di seguito descritti nella guida che stiamo analizzando potrà/dovrà intervenire il Comitato costituito in azienda. Ai sensi del Punto 13 del Protocollo condiviso e illustrato al Punto 4 di questa Guida.

Ciò con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS. Nonché dell’RLST, sulla base delle ragioni indicate anch’esse al Punto 4. 

I principi cardine, le scelte e i dispositivi di protezione individuale

Veniamo, infine, ai principi cardine e priorità di scelte ed interventi.

Nel Protocollo aziendale anti-contagio devono essere individuate le misure e gli interventi da attuare prioritariamente. Chiaramente su base di fattibilità, e di non scelte discriminanti tra lavoratrici e lavoratori.

E’ necessario garantire la maggior tutela per tutti, coniugandola con le esigenze di produttività/attività. Queste dovranno essere espressamente indicate nel Protocollo aziendale. Precisando le diverse ragioni alla base delle scelte fatte e le modalità di attuazione per ciascuno.

Valutare le misure da adottare nel protocollo aziendale

Si indica che occorre valutare, in primis, le misure praticabili a maggior tutela:

  • Sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione (utilizzando ammortizzatori sociali, quali ferie, rol, congedi retribuiti, permessi, CIG, anche in deroga…).
  • Utilizzo del lavoro agile (meglio conosciuto come smart working) per le attività che possono essere svolte nel proprio domicilio.

Nel caso non si possano attuare tali misure prioritarie, si deve procedere con il realizzare i seguenti interventi di natura organizzativa, indicandoli espressamente nel Protocollo aziendale, precisando le modalità di svolgimento (orari, giorni, turni…): turnazione del personale o rotazione del personale.

Nel caso poi non si possano attuare neanche quest’ultimi interventi di natura organizzativa. Si deve procedere con il realizzare i seguenti interventi, sempre di natura organizzativa, indicandoli espressamente nel Protocollo aziendale.

Bisognerà precisare le modalità di svolgimento (orari, reparti, luoghi…): regolamentazione e contingentamento degli accessi alla realtà lavorativa (entrate e uscite, area marcatempo…).

Nonché degli spostamenti all’interno (entrate e uscite dai reparti…). Andando a limitare al massimo la concentrazione di persone.

Oltreché regolamentazione e contingentamento degli accessi alle zone e spazi comuni nella realtà lavorativa (mense, spogliatoi, aree fumatori, distributori automatici, macchinette del caffè…). Limitando al massimo la concentrazione di persone.

Cos’altro fare

Infine sia che si possano attuare le misure e/o i diversi interventi di modifica organizzativa, dapprima richiamati. Sia che non si possano attuare. Va garantito che la distanza tra le persone sia rigorosamente superiore al metro.

Quando ciò non è possibile, dopo aver provato tutte le soluzioni organizzative, si dovrà procedere con le attenzioni indicate nel Punto relativo ai dispositivi di protezione individuale. 

Nel punto in questione si ricorda che sono considerati DPI anche le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, disciplinate dall’art.34, del DL del 02/03/2020, n.9. Considerata la scarsità di reperimento sul mercato di mascherine chirurgiche, sono utilizzabili anche mascherine prive del marchio CE previa valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tale intervento dovrà poi essere previsto nel Protocollo aziendale anti-contagio. In questo documento verranno indicate le ragioni per le quali nessun’altra soluzione o intervento organizzativo non è stato possibile realizzare a maggior garanzia di tutela dei lavoratori.

Il protocollo aziendale e i DPI

E considerata la classificazione come DPI delle mascherine chirurgiche, così come gli altri dispositivi (che risulteranno adeguati, quali guanti, occhiali, cuffie, camici..). Il datore di lavoro dovrà prevedere le informazioni e le norme d’uso da dare al lavoratore (indicandole nel Protocollo aziendale anti-contagio).

Per farlo si baserà diverse disposizioni emanate sul tema dalle Autorità competenti, non ultime quelle relative alle modalità di indossamento, sostituzione e smaltimento.

Il datore di lavoro è chiamato a mantenere in efficienza il DPI. Ad assicurarne le condizioni di igiene.

Mentre invece è obbligo del lavoratore utilizzare in modo appropriato i DPI messi a sua disposizione (art. 20, co.2, lett. d del DLGS 81/08 s.m.).

Si indica, infine, che le mascherine chirurgiche, nel caso possa essere rispettata la distanza minima di sicurezza tra i lavoratori di almeno un metro. Non sono previste obbligatoriamente. Tuttavia devono essere fornite solo nei casi previsti dall’OMS.

In breve, quest’ultima raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il COVID-19 e se presenti sintomi quali tosse o starnuti. Ovvero se si deve prendersi cura di una persona con sospetta infezione.

Vista la scarsità in commercio, a disposizione per le aziende, è consentita la preparazione del liquido detergente da parte della stessa azienda (secondo quanto previsto dall’OMS). 

Gli altri punti del protocollo aziendale

Rimandiamo alla lettura integrale del documento che si sofferma su molti altri aspetti e che riporta in allegato anche un’informativa sulla salute e sicurezza nel lavoro agile. Cliccando sul pulsante di seguito puoi scaricare il documento: