Ruolo RLS e Covid-19, il punto della situazione
Analizziamo quello che è il ruolo del RLS nell’attuale contesto legato al Covid-19. Facciamo insieme il punto della situazione analizzando due casi di giurisprudenza che offrono interessanti spunti sul tema.
Il primo, risale al luglio 2020 e, proprio in relazione al ruolo del RLS ha ad oggetto il coinvolgimento dell’RLS nei Comitati previsti dal Protocollo Covid-19.
Il secondo, è invece del dicembre 2020 e tratta il tema relativo all’attività di critica e segnalazione delle carenze. Nonché alle sue difficoltà di esplicazione, svolta dall’RLS durante l’emergenza pandemica. In entrambi i casi è stata riconosciuta in sede giudiziaria la condotta antisindacale.
Sappiamo bene che il RLS è eletto dai lavoratori e nelle aziende con più di 15 lavoratori è scelto all’interno delle rappresentanze sindacali aziendali ove presenti.
Il rappresentante dei lavoratori dovrebbe essere presente in tutte le aziende o unità produttive. Partecipa alle riunioni periodiche e collabora nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro.
Tutti i RLS devono essere coinvolti nella valutazione dei rischi, nelle misure di primo soccorso ed antincendio. In generale in tutti i rischi individuati in azienda. Questo al fine di offrire il proprio contributo nell’ambito del servizio prevenzione e protezione.
La norma prevede che vada consultato preventivamente sui temi della sicurezza e, se vi sono problemi, può anche fare ricorso alle autorità competenti.
Il ruolo del RLS ai Comitati Covid
Circa sei mesi fa il Tribunale di Treviso (Sez. Lav., 2 luglio 2020, n.2571) ha dichiarato l’antisindacalità della condotta di una SpA. La quale aveva escluso dal Comitato ex art.13 del Protocollo 14/3/2020 l’RSA e/o RLS di un Ospedale.
In particolare la Fisascat Cisl aveva lamentato nel suo ricorso la antisindacalità della condotta. Questa consisteva nell’avere omesso la costituzione, all’interno dell’ospedale, del Comitato per la verifica dell’attuazione del protocollo Covid 19.
Il tutto senza neanche avere coinvolto le RSA e RLS Cisl dell’ospedale stesso. Nel Comitato centrale unico per la sede operativa del Nord Est invece costituito il 24 marzo 2020 a Mestre.
La SpA era subentrata ad una scrl nel servizio di pulizia, sanificazione e smaltimento dei rifiuti dell’ospedale il 2 aprile 2018. Con ciò si era obbligata all’applicazione dei CCNL di categoria e degli accordi integrativi dello stesso in vigore nel tempo e località del servizio.
L’organizzazione sindacale ha poi sottolineato che. Anche per quanto concerneva le altre tutele atte a prevenire il contagio da Covid-19, la gestione dell’emergenza sanitaria era stata deficitaria. Ciò in quanto non erano mai stati effettuati i controlli sullo stato di salute delle lavoratrici impegnate nella pulizia dell’ospedale.
Neanche al rientro di costoro da periodi di malattia. Non era inoltre stato integrato il personale come invece necessario. La questione era stata oggetto di reiterate segnalazioni, anche da parte della CGIL.
Come si è già avuto modo di anticipare, il Tribunale ha riconosciuto l’antisindacalità della condotta nei termini su descritti.
I motivi della sentenza
In particolare, il Giudice ha precisato che oggetto del presente contenzioso è la lesione. O meno, alle prerogative sindacali della Cisl derivante dalla mancata costituzione all’interno dell’ospedale del Comitato Covid-19. Senza che l’interlocuzione con il sindacato, in particolare, con il RLS nominato, sia stata garantita neanche attraverso la partecipazione dello stesso al comitato costituito a Mestre.
Il Tribunale ha inoltre chiarito che la società resistente afferma la piena legittimità del proprio operato. Non reputandosi infatti vincolata dall’accordo sindacale intercorso con la precedente affidataria del servizio di pulizia. Il quale riconosceva le RLS in ogni “cantiere di lavoro”. Neanche ritenendo cogente il Protocollo che, in ogni caso, interpreta come non impositivo di un comitato per ogni sede di lavoro.
Ciò detto, secondo il decreto del Tribunale di Treviso, “la posizione assunta dalla resistente non è condivisibile nei termini che seguono.”
Per il Tribunale, infatti, “anche a prescindere […] dall’efficacia vincolante del riconoscimento degli RLS già nominati come da accordo 13/2/2018”. In ogni caso il ruolo dei RLS per la sicurezza nell’ambito delle specifiche realtà lavorative. Ha acquisito peculiare rilievo a seguito della pandemia.
La quale per quanto qui interessa, ha dato luogo ad una capillare normativa – di livello secondario, ma attuativa di normativa di rango legislativo. Intesa a rendere prioritaria la necessità di trovare il migliore equilibrio possibile tra la tutela della salute dei lavoratori e le esigenze produttive.
Ovvero, comunque, di continuità dei servizi. Ossia di risolvere problematiche dichiaratamente connotate da potenziali irripetibili singolarità ambientali. Come tali, altrettanto dichiaratamente, efficacemente affrontabili a livello essenzialmente locale.
Le ulteriori indicazioni
Il Giudice sottolinea poi che in attuazione del DPCM 11 marzo 2020. Il quale ha raccomandato intese tra le organizzazioni datoriali e quelle sindacali.
E’ stato concordato, su invito delle più alte cariche dello Stato. Tra le parti sociali il Protocollo nelle cui premesse si legge: va favorito il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Per le piccole imprese le rappresentanze territoriali.
Affinché ogni misura adottata possa essere condivisa e resa più efficace. Grazie al contributo di esperienze di persone che lavorano. In particolare degli RLS e RLST. Tenendo conto delle specificità di ogni singola realtà produttiva e delle situazioni territoriali.
Con riferimento al Protocollo ,il Tribunale precisa che la sua forza precettiva per gli aspetti che qui rilevano. Consistenti nel costituire possibile parametro di antisindacalità della condotta che ad esso non si sia correttamente conformata. Deriva dall’essere emanazione di una raccomandazione di fonte regolamentare.
Nonché il frutto degli inviti istituzionali delle più alte cariche dello Stato. Al fine di fronteggiare una obiettiva situazione di emergenza nazionale.
Il DPCM 11 marzo 2020 è, poi, attuativo dell’art.3 del DL 6/20. Inoltre è legittimato dalla fondamentale legge 88/400. Non vedendosi, pertanto, come, anche sotto il profilo delle fonti del diritto in senso classico.
Possa dubitarsi dell’efficacia vincolante dello stesso, a maggior ragione per i fini che qui rilevano.
Il ruolo del RLS nella pandemia da Covid-19
Il Giudice sottolinea inoltre due aspetti. Da un lato che la pandemia ha avuto, ed ha, una diffusione ed una intensità ampiamente irregolare sul territorio italiano. Da cui la indispensabilità di risposte differenziate a seconda dei bisogni prescritta letteralmente dal Protocollo.
Dall’altro che proprio gli ospedali, quali “maggiori potenziali fonti di contagio”, rappresentano luoghi “bisognosi di particolari attenzioni.” Dunque, il Tribunale ritiene la ragionevolezza della interpretazione. Per la quale per costituzione “in azienda” del comitato di controllo sull’attuazione del protocollo con la partecipazione di RSA e RLS.
E’ da intendersi la costituzione nella specifica realtà territoriale ed ambientale ove il lavoro dell’azienda datrice. Consistente, nel caso di specie, nella pulizia, sanificazione, gestione dei rifiuti, viene svolto. Ciò in quanto luogo dove si manifestano le concrete e specifiche esigenze da monitorare. Attenzionare, risolvere in modo condiviso e con il contributo “di esperienza di persone che lavorano e in particolare degli RLS e RLST come il Protocollo si esprime.
Di conseguenza, secondo il Giudice è da concludersi che il mancato riconoscimento del RLS e RSA CISL a componente del Comitato ex art.13 Protocollo. Neanche nelle forma centralizzata in cui il comitato è stato formato. Costituisce condotta che lede le prerogative sindacali così come specificamente previste e conformate dalla normativa anti Covid.
Invece permeata tutta dalla valorizzazione delle specificità delle singole realtà lavorative. Attraverso l’interlocuzione privilegiata con la rappresentanza sindacale necessariamente locale.
Il pieno esercizio del ruolo di RLS
Venendo all’altro caso di giurisprudenza. Un mese fa il Tribunale di Milano (Sez. Lav., 9 dicembre 2020 n.9673) ha accolto le domande formulate con ricorso dalla Federazione sindacale territoriale Funzione Pubblica Cgil di Milano.
Questa ha chiesto di accertare e dichiarare l’antisindacalità […] della sospensione in via cautelare. Quale atto ritorsivo nei confronti del libero esercizio della funzione di rappresentante sindacale, RLS. Nonché dell’esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro.
Il Tribunale, dopo aver esaminato vari fattori, ha dichiarato il carattere antisindacale di tale sospensione cautelare.
Secondo il Giudice, infatti, la circostanza che il [sindacalista, n.d.r.] per circa trenta anni abbia lavorato per la resistente ricevendo una sola sanzione disciplinare sino all’inizio della pandemia. Peraltro un rimprovero verbale.
Il fatto che il … abbia anche nel 2019 prodotto un mole notevole di rilievi e segnalazioni […] senza subire procedimenti e/o segnalazioni disciplinari. Ancora, il fatto che solo dall’inizio della pandemia da coronavirus abbia iniziato a ricevere numerose segnalazioni e contestazioni disciplinari.
Di cui una sola conclusa con la sanzione disciplinare di due giorni di sospensione. Nonché che in ben due occasioni nei mesi di ottobre e novembre 2020 le segnalazioni disciplinari si siano succedute in stretta contiguità temporale con i rilievi del sindacalista.
Le motivazioni della sentenza
La circostanza che la sospensione cautelare del lavoro. Sia pur anticipata da una nota del responsabile all’Ufficio procedimenti disciplinari.
Sia intervenuta dopo qualche ora rispetto ad un articolo pubblicato su un noto quotidiano di caratura nazionale. Nel quale il sindacalista manifestava nuovamente le sue critiche alla gestione organizzativa da parte del datore di lavoro.
Il fatto che tale sospensione sia stata disposta al di fuori delle prescrizioni imposte dal contratto collettivo applicato. Nonché che non sia stata seguita in concreto da alcun atto istruttorio idoneo a verificare la fondatezza o meno degli addebiti contestati. Rappresentano elementi sintomatici di un comportamento della resistente finalizzato unicamente a limitare l’operato di un sindacalista particolarmente attivo.
A parere del Tribunale, appare, pertanto, evidente il carattere ritorsivo della sospensione nei confronti di un sindacalista particolarmente impegnato. Provvedimento che spiega una oggettiva efficacia intimidatoria nei confronti di tutti quei lavoratori.
I quali hanno intenzione di mettere in discussione l’operato del datore di lavoro e della dirigenza di segnalare. Ovvero chiedere chiarimenti su profili critici dell’organizzazione. Ciò con particolare riferimento ai settori della sicurezza e della salute del lavoro. Nonché di esprimere opinioni in un contesto pubblico che appartiene al libero esercizio dell’attività sindacale purché avvenga nel rispetto dei principi di continenza e appropriatezza.