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Dovrei eseguire dei lavori di ristrutturazione che probabilmente comporteranno l’intervento di più imprese. Vorrei sapere se è necessaria la comunicazione all’ASL competente e, in tal caso, le modalità di tale comunicazione?
E’ necessaria la notifica all’ASL e alla DTL secondo i contenuti dell’Allegato XII del D.Lgs 81/08. Per le modalità si suggerisce di prendere contatti con l’ASL competente per territorio.
Un consorzio di nuova costituzione raggruppa artigiani singoli e imprese. Nel caso di acquisizione di lavori in cantiere, è sufficiente un POS del consorzio sottoscritto da artigiani e datori di lavoro delle imprese?
In questo caso il Consorzio funge da impresa affidataria, ovvero da impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata si avvale di imprese e di lavoratori autonomi consorziati. Il datore di lavoro dell’impresa affidataria, deve verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti POS al Coordinatore in fase di esecuzione dei Lavori. Quindi il Consorzio ha l’obbligo di elaborare un suo POS che pur non sostituendo i vari POS redatti dai datori di lavoro delle singole imprese esecutrici, viene da questi integrato.
Per un carrello elevatore (elettrico, diesel …) occorrono denuncia e verifiche periodiche di cui all’allegato VII del D.lgs 81/08 oppure è sufficiente la manutenzione prevista dal costruttore più verifica trimestrale funi e catene?
I carrelli elevatori non rientrano nelle attrezzature di cui all’Allegato VII, tuttavia devono essere soggetti all’attività di manutenzione di cui ai commi 4 e 8 dell’art. 71 e alle disposizioni contenute nell’Allegato VI del D.Lgs 81/08.
E’ vero che esiste la possibilità di ottenere la riduzione del tasso medio di tariffa in relazione alla situazione dell’azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro? E’ possibile avere delle informazioni al riguardo? Esiste della modulistica da utilizzare?
Nel primo biennio di attività il tasso medio nazionale può essere ridotto o aumentato, in misura fissa del 15%, in relazione alla situazione dell’azienda per quanto riguarda il rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro. Tale possibilità è prevista dall’art. 20 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2000 e può essere richiesta, su domanda, da tutti i datori di lavoro in regola con le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro. Inoltre, l’Inail premia con uno “sconto” denominato “oscillazione per prevenzione” le Aziende, operative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia. L’”oscillazione per prevenzione” riduce il tasso di premio applicabile all’azienda, determinando un risparmio sul premio dovuto all’Inail. In base al decreto ministeriale 3 dicembre 2010, che ha riscritto il testo dell’art. 24 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2000, la riduzione di tasso è riconosciuta in maniera fissa, in relazione al numero dei lavoratori-anno. Il modulo da compilare è composto di tre parti:
- una scheda informativa generale, nella quale il richiedente deve produrre le informazioni necessarie ad una corretta individuazione da parte dell’Inail, nonché quelle relative al ciclo produttivo;
- la domanda di riduzione, nella quale devono essere indicate le esatte generalità e la qualifica del richiedente;
- la dichiarazione del richiedente, finalizzata ad auto certificare il rispetto delle norme vigenti in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro.
Ho più di 15 lavoratori; ho l’obbligo di effettuare la riunione periodica?
Si. Secondo quanto previsto dal D.Lgs 81/08 art. 35, nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, deve indire almeno una volta all’anno la riunione periodica.
Cosa è esattamente la riunione periodica?
La riunione periodica è un incontro annuale a cui partecipano il datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, il medico competente (ove nominato) ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Nel corso di tale riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti:
– il documento di valutazione dei rischi;
– l’andamento degli infortuni, delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
– i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l’efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
– i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza.
Nel corso della riunione possono essere individuati, inoltre, codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali, ed obiettivi di miglioramento della sicurezza. La riunione periodica, inoltre, deve essere indetta in occasione di significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. A seguito della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
La cassetta di primo soccorso e il pacchetto di medicazione possono essere sostituiti da uno zaino o altro contenitore?
Si, il decreto 15 luglio 2003, n. 388, stabilisce che il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature: cassetta di primo soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell’allegato … omissis … E’ lo stesso datore di lavoro che deve individuare e rendere disponibili le attrezzature che ritiene appropriate (compresi zaini o altri contenitori) e quindi idonee per l’operare degli addetti al primo soccorso rispetto ai rischi aziendali, mantenendole in condizioni di efficienza e di pronto impiego.
Nel caso di lavoro in solitudine, come va gestito il primo soccorso?
Il lavoro in solitudine non rientra tra i rischi specificatamente normati dal D.Lgs 81/08. Tuttavia, nel caso in cui tale evenienza si verifichi, il datore di lavoro ha l’obbligo di valutare tale rischio in modo da poter stabilire i provvedimenti necessari per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori. La norma di riferimento è il Decreto Ministeriale n. 388 del 2003 nel quale viene indicato che “nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro è tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione …, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l’azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale”. Pertanto sarà il datore di lavoro in base alla tipologia dell’attività svolta e dei fattori di rischio a definire le misure tecniche (telefono cellulare o satellitare, dispositivo uomo a terra, etc.), organizzative (lavoro in squadra) o procedurali necessarie e ad informare i lavoratori circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare.
Se gli associati in partecipazione lavorano in azienda in modo attivo, sono da equiparare a tutti gli effetti alle figure (soci, dipendenti, collaboratori per i quali si riscontra un vincolo di subordinazione) sono soggetti al D.Lgs 81/2008 e s.m.i.?
Si, rientrano tra i soggetti destinatari della tutela in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
Cos’è un DPI?
Un DPI (Dispositivo di Protezione Individuale) è definito come qualsiasi dispositivo destinato essere indossato o tenuto da una persona, affinché sia protetta nei confronti dei rischi che potrebbero mettere in pericolo la sua salute o sicurezza. Appare dunque evidente che si parla di una vastissima gamma di prodotti che possono proteggere da una grande varietà di rischi. È importante dire che tutti i DPI in commercio in Europa devono obbligatoriamente essere certificati e quindi marcati CE secondo le opportune norme EN.
Chiedo un chiarimento in merito alla data di scadenza delle imbracature di sicurezza per i sistemi anticaduta. La scadenza va riferita alla data di costruzione del prodotto indicata sulla targhetta oppure dalla data di messa in uso?
La norma EN 361 non indica un termine fisso di obsolescenza, ma stabilisce che sia il costruttore a dover indicare (punto 7, lettera m) la durata di vita prevista. Detto questo, trattandosi di fibbie di nylon il loro “invecchiamento” inizia con la produzione e non solo con l’uso, tra l’altro risulterebbe alquanto problematico verificare la data di messa in uso poiché diversamente da quella di produzione risulterebbe difficile dimostrare quando quella imbracatura è stata indossata la prima volta.
Nel manuale di uso e manutenzione delle imbracature di sicurezza, il fabbricante, sostiene che le stesse devono essere verificate annualmente da personale autorizzato e abilitato. Ci sono dei riferimenti normativi?
Il datore di lavoro ha l’obbligo di mantenere in efficienza i DPI tenendo conto anche delle indicazioni fornite dal fabbricante (art. 77 comma 4, D.Lgs 81/08 e s.m.i.). Nel nostro caso, l’imbracatura di sicurezza, deve essere verificata annualmente e la nota informativa di solito riporta anche una tabella da compilare in seguito ad ogni verifica. Per quanto riguarda le caratteristiche del personale che può effettuare tale verifica, la norma UNI EN 365 che riguarda le ispezioni periodiche, al punto 4.4, tra le altre cose, dice … è necessario che le ispezioni periodiche siano eseguite unicamente da una persona competente e nel severo rispetto delle procedure di ispezione periodica del fabbricante …
Nell’utilizzo dei ponti sviluppabili e dei cestelli vi è l’obbligo per il lavoratore di fare uso di una imbracatura di sicurezza?
Sulle piattaforme elevabili l’operatore deve sempre essere collegato ad un sistema di trattenuta che in questo caso deve letteralmente impedire la sua fuoriuscita dalla zona protetta con il parapetto. A tale scopo è possibile utilizzare una imbracatura completa di bretelle e cosciali o altro sistema equivalente ma deve essere fatta attenzione alla lunghezza del cordino. Questi, infatti, alla sua massima estensione, non deve consentire in alcun modo all’operatore di oltrepassare il parapetto.
Quali sono i DPI specifici da prevedere per l’utilizzo della PLE?
Per quanto riguarda le PLE, la tipologia di dispositivi da prendere in considerazione è quella per la protezione della testa e la protezione dalle cadute dall’alto.
L’imbracatura può essere trovata su una PLE presa a noleggio?
Il fornitore del noleggio dovrebbe preoccuparsi anche di quest’importante aspetto di sicurezza. Dare indicazioni a chi noleggia la PLE per quanto riguarda la scelta corretta dei dispositivi da usare è un qualcosa di auspicabile.
Cosa deve fare chi riceve il DPI in dotazione con la PLE?
Deve accertarsi che i dispositivi forniti siano in regola con le ispezioni periodiche e quindi in buono stato. Da questo punto di vista sarebbe buona norma che venga effettuata e registrata un’ispezione dei DPI al termine di ciascun noleggio. È inoltre indispensabile che assieme alla fornitura del DPI venga prevista una minima formazione riguardo al corretto uso, ad esempio un breve briefing al momento della consegna della PLE.
Il dipendente di un’azienda lamenta un problema al piede, certificato da un medico, che richiede l’utilizzo di un plantare per indossare le scarpe antinfortunistiche. La ditta per cui lavora ha l’obbligo di fornirglielo?
Tutte le spese relative ad un corretto utilizzo dei DPI individuati dal datore di lavoro, in seguito alla valutazione dei rischi, sono a carico del datore di lavoro stesso, pertanto se l’utilizzo del plantare è l’unico metodo per portare con continuità le scarpe antinfortunistiche per una persona con problemi ai piedi, il plantare è a carico del datore di lavoro. La prescrizione del plantare deve essere in carico al Medico Competente, magari su richiesta dello specialista ortopedico.
Durante l’uso di scale portatili per lavori di breve durata ed occasionali, operando ad altezze superiori ai due metri da terra si deve utilizzare un dispositivo di protezione contro le cadute?
Anzitutto deve essere tenuto presente che l’uso di una scala quale posto di lavoro in quota, cioè ad altezze superiori ai due metri da terra, è consentito solo per lavori con limitato livello di rischio e di breve durata. In secondo luogo deve essere tenuto presente che utilizzare una cintura di sicurezza che permetta all’operatore di vincolarsi alla scala stessa può essere fatto alla sola condizione che la scala sia vincolata in modo efficace e non semplicemente trattenuta al piede da altra persona.
Un DPI ha una scadenza, un manuale di istruzioni e necessita di una manutenzione?
Ciascun DPI è venduto obbligatoriamente con una nota informativa, che è parte integrante del dispositivo e che quindi deve essere fornita all’utilizzatore. Per quanto riguarda i DPI anticaduta è necessaria un’ispezione periodica da parte di una persona competente, almeno ogni 12 mesi. Tutte le ispezioni devono essere registrate su quella che è chiamata “scheda di vita” del DPI. La durata di vita dei DPI deve essere stabilita dal fabbricante a seconda delle caratteristiche del prodotto e dichiarata sulla nota informativa. Chiaramente questa durata di vita decade nel momento in cui il prodotto risulti danneggiato e non superi l’ispezione periodica annuale.
Perché è importante utilizzare sempre il corretto DPI per lavorare in una PLE?
Il lavoro sulle PLE presenta il rischio di sbalzamento oltre le protezioni della cesta in caso di improvvise oscillazioni. L’uso di un imbracatura, di un sistema di connessione alla cesta e di un elmetto di protezione sono fondamentali per ridurre al minimo questi rischi.
Quali obiettivi deve raggiungere un DPI per garantire sicurezza a un utilizzatore di una piattaforma aerea?
L’imbracatura (certificata EN 361) deve essere completa ovvero avvolgere tutto il corpo dell’operatore. Il sistema di connessione deve garantire una limitazione della lunghezza al fine di evitare che l’operatore possa essere sbalzato all’esterno, dunque può essere un cordino regolabile (EN 354 o EN 358) di lunghezza ridotta, connesso tramite connettori EN 362. Oppure, in alternativa, si può utilizzare un cordino con assorbitore di energia (EN 355) o un dispositivo anticaduta retrattile (EN 360), che quindi possono garantire la dissipazione dell’energia prodotta in un eventuale impatto consentendo comunque di eliminare il rischio di sbalzamento all’esterno. L’elmetto (EN397) deve essere equipaggiato con un cinturino sottogola al fine di evitarne la perdita. La scelta del tipo di prodotto deve essere fatta tenendo in considerazione il tipo di piattaforma, l’ambiente in cui si opera e le possibili variazioni nelle linee guida locali.
Cosa si deve trovare in un libretto di uso e manutenzione di una PLE che può riguardare l’uso del DPI?
È fondamentale che vengano fornite indicazioni relative alla posizione e alle caratteristiche del o dei punti di trattenuta presenti. In aggiunta, ciascun fabbricante può indicare eventuali precauzioni aggiuntive relative al proprio prodotto.
Quali filosofie, tecniche e obiettivi devono guidare un fabbricante di DPI nel fornire sempre prodotti adeguati e sicuri?
Lo sviluppo di nuovi prodotti deve mirare a migliorare il prodotto in termini di comfort e leggerezza ma soprattutto semplicità d’uso al fine di evitare pericolosi utilizzi scorretti. Questo chiaramente preservando i requisiti di sicurezza che sono stabiliti dalle norme europee. Un altro importante obiettivo è quello relativo alla scelta di materiali costruttivi che devono combinare robustezza e durabilità.
Quali sono gli obblighi del datore di lavoro ai fini della gestione delle emergenze?
Il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare preventivamente i lavoratori incaricati della gestione delle emergenza. Il datore di lavoro deve inoltre:
- organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza;
- designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
- informare tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;
- programmare gli interventi, prenderei provvedimenti e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
- adottare i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili;
- garantire la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe di incendio ed al livello di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo anche conto delle particolari condizioni in cui possono essere usati. L’obbligo si applica anche agli impianti di estinzione fissi, manuali o automatici, individuati in relazione alla valutazione dei rischi.
Esistono dei criteri o delle indicazioni per potersi orientare nell’individuazione dei soggetti da designare come addetti alla gestione delle emergenze?
Per le designazioni il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda e dei rischi specifici dell’azienda o dell’unità produttiva. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente, e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell’azienda o dell’unità produttiva.
Cosa sono le squadre di intervento per l’emergenza? Devono essere sempre previste?
Le squadre di intervento sono costituite da personale interno, espressamente individuato per effettuare anche questo tipo di attività, immediatamente disponibile all’occorrenza. La pronta disponibilità va intesa come presenza fisica sempre assicurata sia dal punto di vista della composizione prevista per la squadra, che per qualificazione professionale dei componenti, anche in caso di lavoro a turni o assenze; il numero delle squadre e la loro composizione vanno stabiliti in funzione dei rischi e della dimensione dell’attività.
Esiste un particolare tipo di equipaggiamento di emergenza da adottare?
Sulla base della classificazione delle emergenze devono essere individuati e predisposti i relativi equipaggiamenti. Questi sono generalmente costituiti dai mezzi personali di protezione, dai mezzi di salvataggio, dalle attrezzature necessarie per fronteggiare l’emergenza e dalla specifica segnaletica (ad esempio per la restrizione degli accessi e per l’ulteriore segnalazione delle vie di fuga) e dei quali devono essere dotate le squadre di intervento. Gli equipaggiamenti devono essere collocati in luoghi prefissati; in particolare è opportuno che la specifica dotazione delle squadre sia posta in luoghi protetti e in prossimità delle zone in cui potrebbero verificarsi gli eventi ipotizzati.
Che tipo di formazione devono ricevere i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di primo soccorso?
Le aziende vengono classificate in tre gruppi A, B o C secondo alcuni criteri. Gli addetti al primo soccorso di aziende appartenenti al gruppo A dovranno frequentare corsi di formazione di durata pari a 16 ore con aggiornamenti, a cadenza triennale, della sola parte pratica (6 ore). Gli addetti al primo soccorso di aziende appartenenti ai gruppi B e C dovranno frequentare corsi di formazione di durata pari a 12 ore con aggiornamenti, a cadenza triennale, della sola parte pratica (4 ore).
Esistono delle caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso?
Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento. In particolare, il decreto prevede che le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Che differenza c’è tra la cassetta di primo soccorso e il pacchetto di medicazione?
Le aziende o le unità produttive di gruppo A e B devono avere la cassetta di primo soccorso mentre per le aziende o unità produttive di gruppo C basta il pacchetto di medicazione. I contenuti minimi di cassetta e pacchetto differiscono dal punto di vista qualitativo (nella cassetta ci sono alcuni componenti in più, quali visiera paraschizzi, teli sterili monouso, rete elastica, termometro, apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa), e soprattutto quantitativa (ad es. maggior numero di guanti sterili monouso nella cassetta, soluzione fisiologica in flaconi da 500 cc anziché 250 ecc.).
Sono un datore di lavoro di una media impresa (48 lavoratori) che opera nel settore metalmeccanico ed ha appena nominato un addetto al primo soccorso. Qual’è la formazione minima che devo garantire? Su chi gravano i costi? Chi deve svolgere la formazione? Con quale cadenza deve essere ripetuta la formazione?
Gli addetti al primo soccorso, designati dal datore di lavoro, sono formati con istruzione teorica e pratica per l’attuazione delle misure di primo intervento interno e per l’attivazione degli interventi di primo soccorso. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato. La formazione degli addetti andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alle capacità di intervento pratico. Nel caso prospettato, l’azienda appartiene al Gruppo a), i costi della formazione gravano sul datore di lavoro e la formazione prevista è di 16 ore.
Sono un datore di lavoro di una azienda di servizi con 5 dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato. Qual’è la formazione minima che devo garantire in materia di primo soccorso? Su chi gravano i costi? Chi deve svolgere la formazione? con quale cadenza deve essere ripetuta la formazione?
L’azienda appartiene al Gruppo B. I costi della formazione gravano sul datore di lavoro e la formazione prevista è in totale di 12 ore. La formazione degli addetti andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alle capacità di intervento pratico.
Ho appena nominato un addetto al primo soccorso. Lavoro in una piccola azienda (3 dipendenti). Esistono dei corsi di formazione specifici per gli addetti al primo soccorso?
L’azienda appartiene al Gruppo C. Gli obiettivi didattici e i contenuti minimi della formazione dei lavoratori designati al primo soccorso per le aziende di gruppo C prevedono un corso di formazione di durata pari a 12 ore.
La cassetta di primo soccorso come e dove deve essere custodita?
Sia la cassetta di primo soccorso che il pacchetto di medicazione devono essere custoditi in un luogo facilmente accessibile e segnalato. Ciascun lavoratore deve essere correttamente informato sul luogo ove sono custoditi tali presidi e sui nominativi degli addetti al primo soccorso.
Con quale frequenza devono essere ripetuti i corsi per addetti al primo soccorso?
I corsi di formazione per gli addetti al primo soccorso, attestati dalla presenza di un programma, elenco docenti e certificazione del soggetto/i formato/i, ultimati entro la data di entrata in vigore del decreto ministeriale 388/03 (3 febbraio 2005) sono validi come enunciato dal comma 5 dell’articolo 3. Ogni tre anni la formazione deve essere ripetuta, almeno nella sua componente pratica. La ripetizione dei corsi deve riguardare anche quelli effettuati prima del 03.02.2005. Per questi la scadenza dei tre anni decorre a partire dalla data di svolgimento.
Esiste un numero minimo di addetti da impiegare al primo soccorso?
Nel D.Lgs 81/08 e s.m.i. non viene specificato il numero di addetti da formare ed adibire al primo soccorso; si deve dedurre che, salvo altre norme verticali, il datore di lavoro debba prevedere la formazione di un numero di lavoratori tale da garantire la copertura di tutti i turni di lavoro e che a tale copertura sia addetto un numero di persone formate che garantisca l’effettiva efficienza e funzionalità del sistema di emergenza in funzione dei rischi specifici valutati per ciascuna azienda o unità produttiva.
Dovendo provvedere alla formazione di utilizzatori di gru su camion (art. 73 d.lgs 81/08) vorrei sapere quali sono i programmi per tale formazione?
I programmi formativi devono essere conformi all’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori (art. 73 comma 5 del D.Lgs 81/08 e s.m.i.), che prende in considerazione anche le autogrù e le gru per autocarro.
Se uno studente in stage ha effettuato 4 ore di formazione generale e 6 ore di specifica relativa al comparto metalmeccanica, l’azienda come deve completare tale formazione?
Nel caso specifico, lo studente futuro stagista ha già effettuato le 4 ore di formazione generale e una quota parte della formazione specifica (6 ore) relativa al comparto “metalmeccanica” (comparto ad alto rischio). Per completare il percorso formativo dello studente, sarà cura dell’Azienda educatrice al lavoro completare la formazione specifica, integrando le 6 ore effettuate con altre 6 ore di formazione inerenti i rischi specifici aziendali. Si rammenta inoltre che sarà cura del Datore di Lavoro dell’Azienda educatrice al lavoro effettuare anche l’addestramento dello studente, al momento del suo ingresso in azienda.
Un lavoratore che dispone di un attestato di frequenza a un corso di primo soccorso, conseguito nell’anno 2004 (data antecedente all’entrata in vigore degli obblighi di frequentazione di uno specifico corso di 12 ore), può essere addetto al primo soccorso in un’azienda del gruppo c di cui al d.m. 388/2003?
Considerando che è stato sostenuto prima dell’entrata in vigore del DM 388/03, il corso è ritenuto valido ai sensi dell’art. 3, comma 5, dello stesso Decreto, a condizione che il lavoratore con cadenza triennale abbia ripetuto la formazione per quanto attiene alle capacità di intervento pratico. In caso di mancato rispetto di tale prescrizione normativa, si ritiene che debba essere conseguito ex novo l’attestato previsto.
Se gli addetti al primo soccorso di una ditta hanno sempre svolto il corso relativo al gruppo B pur appartenendo al gruppo A, devono rifare l’intero corso di 16 ore o è sufficiente l’integrazione delle 4 ore non frequentate nel corso da 12?
Si è del parere che è necessario verificare che il corso svolto in passato sia congruente con quanto indicato nell’allegato 3 del D.M. 388/03, integrando quindi i moduli A e C relativamente ai contenuti e ai tempi minimi previsti e ripetendo la formazione dei lavoratori designati con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacità di intervento pratico per un totale di 6 ore. Inoltre occorre, ai fini dell’adempimento completo all’Allegato 3, che l’Azienda, con la collaborazione del Medico Competente, se nominato, provveda e ne tenga memoria, a far “… conoscere i rischi specifici dell’attività svolta”.
Poiché nell’Accordo del 22.02.2012 relativo alla formazione sulle attrezzature di lavoro non sono stati presi in considerazione i carroponte e le gru a bandiera, che tipo di formazione si deve fare per il loro uso?
In questo caso, fino ad eventuali successivi pronunciamenti di organismi a riguardo, si ritiene che la formazione relativa all’utilizzo delle attrezzature di lavoro escluse dall’Accordo del 22.02.2012 deve essere effettuata all’interno della formazione specifica di cui all’Accordo Stato Regioni del 21.12.2011 in quanto la stessa, come si afferma al punto 4 dell’Accordo, deve essere tarata “in funzione dei rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.
La formazione pregressa, effettuata prima dell’entrata in vigore dell’accordo, costituisce credito formativo permanente se il lavoratore cambia lavoro? Se l’azienda cambia solo ragione sociale?
La formazione pregressa (effettuata prima dell’entrata in vigore dell’Accordo) viene riconosciuta valida nel caso in cui il lavoratore rimanga nell’azienda in cui opera. In questo caso deve seguire l’aggiornamento di 6 ore in cinque anni (i cinque anni partono dalla data di entrata in vigore dell’accordo). Nel caso in cui invece il lavoratore cambi azienda deve essere effettuata la formazione secondo quanto indicato nell’Accordo, essendo una nuova assunzione. Nel caso invece l’azienda abbia solo cambiato ragione sociale, non deve essere fatta una nuova formazione in quanto i rischi, le lavorazioni, le sostanze, ecc. non hanno subito variazioni.
Cosa deve intendersi per luogo di lavoro?
Per luoghi di lavoro devono intendersi i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, all’interno dell’azienda o unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro. Le disposizioni in tema di luoghi di lavoro dettate dal D.Lgs 81/08 e s.m.i. non si applicano invece ai mezzi di trasporto, ai cantieri temporanei o mobili, alle industrie estrattive, ai pescherecci, ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale.
All’interno di una officina di autoriparazioni dove è possibile la presenza di clienti, ci è l’obbligo di delimitare l’area di lavoro e applicare il divieto di accesso ai non addetti ai lavori?
Nel caso in cui un cliente subisca un danno derivante dalle attrezzature, dall’ambiente o da una autovettura in riparazione, ci sono precise responsabilità da parte del gestore della attività che ha consentito a questa persona di entrare nel locale “a rischio” (art. 2050 Codice Civile). Esiste quindi implicitamente l’obbligo di separare la zona accessibile da quella adibita a laboratorio.
Per una ditta la cui attività non si può definire “insudiciante”, vi è l’obbligo di fornire dei locali spogliatoio?
Locali appositamente destinati a spogliatoi, quale regola generale, devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici. Qualora in una ditta non vengono svolte attività insudicianti non vi è l’obbligo di fornire armadietti a doppio scomparto in maniera da tenere separati gli indumenti di lavoro dagli indumenti privati.
Nelle cantine delle aziende vitivinicole, al fine di eliminare i residui di feccia che si forma dalla fermentazione del mosto, è richiesto che il personale entri all’interno dei serbatoi. Spesso questi, anche quelli più recenti, hanno un passo d’uomo piccolo: indicativamente ellittico con dimensione 40 x 30 cm o leggermente superiore. Tale superficie di apertura non consente l’agevole recupero di un eventuale lavoratore privo di sensi. Dato che risulta indispensabile l’ingresso di un operatore all’interno del serbatoio, contrariamente a quanto consente la normativa, quali iniziative possono essere intraprese per consentire lo svolgimento di tali operazioni rispettando la normativa vigente?
Le dimensioni delle aperture erano regolamentate dall’art. 235 del DPR 547/55 (ora abrogato): “Apertura di entrata nei recipienti. Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall’esercizio dell’impianto o dell’apparecchio, devono essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni non inferiori a cm. 30 per 40 o diametro non inferiore a cm. 40.” I serbatoi utilizzati nelle cantine sono stati costruiti rispettando questa normativa. Ma il DLgs 81/08 prevede all’art. 66: “Lavori in ambienti sospetti di inquinamento – E’ vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri……. l’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi”. Sicuramente un passo d’uomo di 30×40 non consente questo. Le recenti (2015) “Indicazioni operative in materia di igiene e sicurezza del lavoro per i lavori in ambienti confinati” della Regione Emilia-Romagna al punto 3.4 riportano come norme di riferimento le seguenti:
- UNI-EN 547-1:2009 “misure del corpo umano – Principi per la determinazione delle dimensioni richieste per le aperture per l’accesso di tutto il corpo nel macchinario”,
- UNI-EN 547-2:2009 “misure del corpo umano – Principi per la determinazione delle dimensioni richieste per le aperture d’accesso”,
- UNI-EN 547-3:2009 “Misure del corpo umano – Dati antropometrici”,
- UNI ISO EN 7250-1:2017 “ Dimensioni del corpo umano da utilizzare la progettazione tecnologica – Parte 1: Definizioni delle dimensioni del corpo umano”,
- UNI ISO EN 15537:2005 “Principi per la selezione e l’utilizzo di soggetti di prova per la verifica degli aspetti antropometrici dei prodotti industriali e della loro progettazione”,
- UNI ISO EN 15535:2013 “Requisiti generali per la creazione di banche dati di dati antropometrici”.
Si tratta di norme che costituiscono utili riferimenti per le dimensioni medie del corpo umano da utilizzare per valutare la reale condizione degli accessi presenti nei luoghi di lavoro, compresi i luoghi confinati. Da queste è possibile ricavare la cosiddetta “ellisse del corpo”, avente come asse maggiore la larghezza delle spalle (60 cm) e come asse minore la profondità del corpo (45 cm). L’ingombro del corpo umano immobile può essere espresso attraverso tale ellisse. All’interno di tali norme tecniche si possono trovare ulteriori riferimenti alle dimensioni di accesso differenziandole in base alla postura e al movimento del corpo. Inoltre le dimensioni minime indicate vanno aumentate qualora si preveda di utilizzare DPI che aumentano l’ingombro corporeo (ad es. un APVR con bombola/e). Pertanto, se le dimensioni sono minori di quelle prescritte da tali norme, sussiste una reale difficoltà, se non la impossibilità, per il recupero della persona priva di sensi. Quindi il datore di lavoro ai sensi dell’art. 66 non deve consentire l’entrata di un lavoratore in un serbatoio avente dimensioni dell’apertura d’accesso inferiori a quelle indicate.
Quali sono le caratteristiche che identificano la figura del datore di lavoro?
Il datore di lavoro in azienda è riconosciuto da almeno due fattori, uno di carattere formale che si riconduce alla titolarità del rapporto di lavoro con il lavoratore, l’altro di natura sostanziale che si riconduce invece al concetto di responsabilità in relazione alla autonomia di spesa ed al potere decisionale che ha questa figura.
Quali sono le azioni che il datore di lavoro, in concreto, deve compiere per assolvere all’obbligo di vigilanza che gli viene imposto?
L’obbligo del datore di lavoro di vigilare per impedire atti o manovre rischiose del dipendente non comporta un continuo controllo nell’esecuzione di ogni attività né il dovere di affiancare un preposto a ogni lavoratore impegnato o di organizzare il lavoro in modo da moltiplicare i controlli fra i dipendenti. Quello che si richiede è una diligenza rapportata in concreto al lavoro da svolgere e cioè all’esperienza e specializzazione del lavoratore, all’ubicazione del lavoro, alla prevedibilità della condotta del lavoratore, alla normalità della tecnica di lavorazione. In conclusione si può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri della abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute, mentre la semplice irrazionalità della condotta, quando sia pensabile in anticipo, non vale a scagionare il datore di lavoro.
Ai fini della sicurezza sul lavoro, sono assimilato al dirigente pur non avendo la gestione di alcuna struttura organizzativa?
A riguardo è interessante richiamare una pronuncia di merito secondo cui la mancata preposizione ad una struttura organizzativa non è preclusione al riconoscimento della qualifica dirigenziale, in ipotesi di mansioni caratterizzate da elevata professionalità, da autonomia, discrezionalità e poteri di iniziativa, da responsabilità diretta verso i vertici dell’azienda e del carattere fiduciario della prestazione.
La figura del preposto è obbligatoria in tutte le aziende soggette al D.lgs. 81/2008 anche dove è presente solo un addetto e tale obbligo è sanzionato nei confronti del datore di lavoro?
L’individuazione di tale figura, con le dovute eccezioni, non è obbligatoria nelle aziende ma è una scelta del datore di lavoro in base alla organizzazione ed alla complessità della sua azienda. Non essendo, quindi, la sua nomina un obbligo è chiaro che il legislatore non ha previsto, nel caso della sua mancata designazione, alcuna sanzione a carico del datore di lavoro o del dirigente.
Quali sono i tratti distintivi della figura del preposto?
Il preposto ha la funzione di controllo diretto e immediato dell’attività lavorativa e conseguentemente un certo potere di impartire ordini ed istruzioni agli operai dipendenti e ancora la vigilanza del preposto e strettamente sussidiaria e si riferisce esclusivamente agli sviluppi esecutivi dell’opera, egli deve sollecitare direttive tecniche e non occorre che abbia una particolare qualifica.
Quali sono i tratti distintivi della figura del dirigente?
Ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale in dipendenza delle mansioni svolte, si deve tener conto che la figura del dirigente si caratterizza per la preposizione, quale alter ego dell’imprenditore, ad un intero settore di attività dell’azienda, con autonomia e discrezionalità decisionale, di modo da poter influenzare la vita dell’intera azienda o di un ramo rilevante ed autonomo di essa.
Svolgo nell’azienda in cui lavoro, mansioni che mi garantiscono un autonomo potere di iniziativa e di controllo sulle attività a tutela della salute e della sicurezza. Non ho tuttavia mai ricevuto un formale incarico al riguardo. Posso essere assimilato alla figura del preposto?
L’individuazione dei preposti viene condotta anche sulla base del criterio dell’ ”effettività o prevalenza”, il quale tiene conto della situazione reale, facendola prevalere su quella apparente. In base a tale criterio l’individuazione dei preposti deve essere condotta, non attraverso la qualificazione astratta o giuridica dei rapporti tra i diversi soggetti dell’azienda, bensì essenzialmente in concreto, tenendo conto delle mansioni realmente espletate da ciascun soggetto, sia di propria iniziativa (come ad esempio può accadere per il preposto) sia per incarico ricevuto (come ad esempio il dirigente).
Chi è soggetto alla sorveglianza sanitaria?
Tutti i lavoratori esposti ai rischi che rendono obbligatoria la sorveglianza sanitaria ad eccezione del titolare unico. Sono equiparati ai lavoratori dipendenti chi è assunto con contratti di collaborazione, stage, a chiamata, interinali, ecc.
Da cosa dipende la periodicità della sorveglianza sanitaria?
La periodicità della visita medica è determinata in base al livello di esposizione al rischio; di norma ha cadenza annuale. Per quanto riguarda i lavoratori individuati secondo la normativa vigente come video terminalisti, è richiesta la visita medica con frequenza quinquennale. In quest’ultimo caso, per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che hanno compiuto il cinquantesimo anno di età, la visita medica ha invece periodicità biennale.
Per quanto riguarda i lavori con rischio di esposizione alle radiazioni ionizzanti la sorveglianza sanitaria e le relative modalità sono regolamentate dal D.Lgs n. 230/1995 che attribuisce al medico competente la facoltà di effettuare la sorveglianza medica esclusivamente nei confronti dei lavoratori esposti di categoria B.
In cosa consiste la sorveglianza sanitaria? E’ possibile disporre accertamenti preventivi sui lavoratori o esami clinici e biologici?
A norma di quanto disposto dall’art. 41 del D.Lgs 81/08, la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente o a richiesta del lavoratore e comprende gli accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati e gli accertamenti periodici per controllare il loro stato di salute ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Tali accertamenti comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Cosa è il Documento di Valutazione dei Rischi?
Il Documento di Valutazione dei Rischi (c.d. DVR) è definito dal D.Lgs 81/2008 come “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività”. Si tratta, in pratica, di un documento che descrive i possibili rischi per chi opera nell’ambito di una attività.
Esistono criteri o indicazioni oggettive che devono essere prese in considerazione nella valutazione dei rischi?
Una delle principali caratteristiche della valutazione dei rischi è la sua “soggettività”. La norma prevede infatti che la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione. A mitigare la soggettività del valutatore possono contribuire l’uso razionale di misure di igiene industriale, nonché la raccolta della sintomatologia eventualmente accusata dai lavoratori.
Quali sono i principali pericoli che devono essere presi in considerazione nell’ambito della valutazione dei rischi?
A titolo non esaustivo sono tutti quei pericoli collegati alla struttura fisica legata all’ambiente in cui sono svolte le lavorazioni che al tipo specifico di lavorazioni svolte, sia come ambiente che come impiantistica che attinenti (passaggi, scale, pavimenti, ecc.) a macchine, attrezzature ed impianti, (accessibilità a parti in movimento, proiezioni di schegge, ecc.).
In conclusione della valutazione dei rischi in azienda sono emerse alcune criticità e dei pericoli. Quali sono i passaggi che bisogna compiere e cosa bisogna evidenziare nel documento di valutazione?
Riguardo le situazioni pericolose messe in luce dalla prima fase della valutazione, si evidenzierà il numero dei lavoratori che è possibilmente esposto ai fattori di rischio, individualmente o come gruppo omogeneo. A questo punto si dovranno prendere in considerazione criteri valutativi più specifici per meglio stimare l’entità di questi rischi ed individuare le azioni da intraprendere in seguito a questa valutazione.
Dove deve essere custodito il documento di valutazione dei rischi?
Il documento di valutazione dei rischi deve essere tenuto a disposizione in azienda per la consultazione anche da parte dell’organo di vigilanza.