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Sramatura e lavori boschivi: la formazione innanzitutto

In attività specifiche come la sramatura o l’abbattimento, per garantire la sicurezza, è necessario prevedere la formazione prima di tutto. Il datore di lavoro che non osserva la disciplina prevenzionistica sul lavoro, prevista dal D.Lgs 81/08 (T.u. salute e sicurezza), è condannato per omicidio colposo se il dipendente imprudente muore in un tragico incidente in servizio, dopo essere stato incaricato di compiti per i quali non ha ricevuto adeguata formazione.

Infatti, in caso di mansioni che richiedono elevate tecniche lavorative è necessario adibire il dipendente a un periodo di apprendistato e assegnarlo alle sole attività ausiliarie o di supporto, al fine di imparare il mestiere adottando le giuste precauzioni.

Il datore può evitare la condanna solo dimostrando che la condotta del lavoratore è stata abnorme, in quanto non possono essere considerate discriminanti né l’imprudenza del lavoratore né la liberatoria firmata sui dispositivi di protezione individuale (Dpi). A stabilirlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 27787 del 24 giugno 2019

La vicenda: sramatura e cantieri boschivi

I giudici della Suprema Corte si sono espressi in merito al ricorso di un datore di lavoro, ritenuto reo di aver sviato gli adempimenti preliminari della disciplina prevenzionistica sul lavoro (D.Lgs 81/2008). Inosservanza, questa, che gli è costata il reato di omicidio colposo, nella misura di un anno e quattro mesi di reclusione, così come sentenziato dalla Corte d’appello di Venezia. Nello specifico, i giudici di merito ravvisavano una carente e inadeguata formazione del dipendente la quale, da un lato, non era corredata da attestazioni di effettiva partecipazione a corsi e, dall’altra, si era articolata nel delineare la complementare attività di sramatura, sebbene nella realtà dei fatti il dipendente è stato utilizzato anche in attività di taglio delle piante di modesta dimensione. La Corte d’appello, tra l’altro, escludeva che il lavoratore avesse assunto una condotta eccezionale ed esorbitante tale da provocargli la morte (causata dall’abbattimento di un albero che egli stesso ha tagliato e dal quale è stato travolto). Avverso la pronuncia di secondo grado ricorreva il datore di lavoro per Cassazione per due motivi.

La difesa in merito alle attività di sramatura e cantieri boschivi

Secondo la prospettiva difensiva, il lavoratore, non solo aveva intrapreso l’attività del taglio della pianta a seguito di iniziativa autonoma, ma addirittura in violazione di specifiche prescrizioni del datore di lavoro e del caposquadra.

Dunque, sosteneva il ricorrente, le accuse riguardanti la carente formazione e informazione circa la tecnica lavorativa da osservare erano del tutto infondate, poiché il dipendente era stato interdetto al taglio delle piante, cui mai in precedenza era stato adibito.

La formazione e informazione, invece, erano state integralmente erogate per quanto riguarda l’attività di sramatura delle piante una volta a terra dopo il taglio.

Inoltre, il ricorrente fa presente che erano stati consegnati anche i dispositivi di protezione individuale (DPI) correlati alle attività da compiersi e ai rischi connessi e fornite specifiche istruzioni sulle piante che non andavano lavorate. Con l’ultimo motivo di ricorso, il datore di lavoro lamentava un comportamento esorbitante, eccentrico ed eccezionale del lavoratore. Questo aveva infatti di propria iniziativa proceduto al taglio dell’albero nonostante erano state fornite contrarie istruzioni dal datore di lavoro nel corso di sopralluogo avvenuto alcuni giorni prima dell’evento di morte.

La sentenza

I giudici della Suprema corte hanno respinto entrambi i motivi di ricorso del datore di lavoro. Gli ermellini hanno confermato come la fase formativa del dipendente fosse stata del tutto carente in relazione alla prestazione lavorativa da espletare, sulla base di argomentazioni concernenti le carenze formative segnalate dal preposto, la mancata partecipazione del lavoratore a corsi di formazione e l’insufficienza della documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato. I giudici di merito, come comprovato dalla Corte di cassazione, hanno legittimamente parametrato l’obbligo di informazione non già alla ausiliaria e complementare prestazione della sramatura delle piante da abbattere come richiesto dalla difesa del ricorrente, bensì a quella che era la principale attività dell’azienda, ossia il taglio delle piante e la lavorazione del legname.

Inoltre, asserita l’inesperienza e la mancanza di approfondite conoscenze tecniche del settore di riferimento. Il dipendente aveva esperienza di murature, tant’è che il tragico evento è avvenuto dopo soli 10 giorni dall’assunzione. Era necessaria l’instaurazione di un periodo di apprendistato, consistente esclusivamente in attività ausiliarie o di supporto. In questo modo sarebbe stato possibile apprendere le tecniche e le precauzioni necessarie che gli sarebbero state utili in futuro nello svolgimento di mansioni più impegnative.

A nulla rileva poi che nel verbale di consegna dei dispositivi di protezione individuale (DPI) sottoscritto dal lavoratore quest’ultimo riconosceva di aver ricevuto una sufficiente informazione sul loro utilizzo e sui rischi della lavorazione. Il giudice d’Appello ha infatti evidenziato come il datore, pur avendo ottenuto una sorta di liberatoria dei propri dipendenti in ordine alla dotazione di strumenti anti infortunistici, di fatto aveva eluso gli obblighi sullo stesso incombenti sul luogo di lavoro.

Conclusioni

In conclusione, rilevano i giudici di legittimità, nonostante la vittima abbia compiuto un gesto avventato resta comunque dimostrato il nesso fra la violazione di sicurezza e l’evento morte. In tali casi, quindi, il datore può essere assolto soltanto se dimostra che la condotta della vittima è abnorme.

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