Per l’amministratore di condominio la colpa è limitata
Dopo l’infortunio in condominio al dipendente dell’appaltatore, non si può condannare di default l’amministratore. Il professionista assume la posizione di committente dei lavoratori soltanto se una delibera dell’assemblea gli riconosce ampia autonomia e concreti poteri decisionali. Approfondiamo la sentenza.
Certo, ai tempi d’oggi, tenuto anche conto della diffusione del virus sars Cov-2 la vita dell’amministratore si fa sempre più dura. Se qualcuno pensa che l’amministratore di condominio debba occuparsi di aspetti di routine e non abbia particolari responsabilità si sbaglia di grosso.
Di sicuro porta avanti attività ordinarie, infatti convoca l’ assemblea nei casi previsti dalla norma. Verifica lo stato dei pagamenti come ripartiti in base alla tabella millesimale e gestisce il conto del condominio tenendo costantemente informati tutti i singoli condomini. Non solo, offre il suo supporto nella stesura del regolamento di condominio e quant’altro. Tuttavia però, nello svolgimento della sua attività può essere chiamato a rispondere sia ai sensi del codice civile che, soprattutto, di quello penale.
Infatti l’amministratore di condominio può correre il rischio di ritrovarsi di fronte alla autorità giudiziaria, come nel caso della vicenda in questione, a seguito di un infortunio.
Nella vicenda in esame si ritiene che debba escludersi la posizione di garanzia. Ciò in generale quando non risulta dimostrato che il condominio abbia affidato al manager del fabbricato l’incarico di verificare l’idoneità tecnica dell’impresa appaltatrice. Nonché il documento di valutazione dei rischi per i lavori. E’ quanto emerge dalla sentenza 10136/21, pubblicata il 16 marzo dalla quarta sezione penale della Cassazione.
Stretta legalità
Il ricorso dell’imputato è accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale, che si pronunciava addirittura per l’inammissibilità. Risulta prescritto il delitto di omicidio colposo. L’amministratore è tratto a giudizio dopo la morte della dipendente dell’impresa di pulizia.
Questa è rimasta schiacciata dalla cabina dell’ascensore chiamato in discesa da un condomino mentre la donna stava pulendo le grate.
Il tutto perché qualcuno non ha disattivato l’alimentazione dell’elevatore. Ma il reato risulta estinto perché non sussiste l’aggravante della violazione di norme antinfortunistiche ex articoli 90 e 26 del decreto legislativo 81/2008.
Quanto alla prima disposizione è soltanto il condominio che deve ritenersi committente dei lavori. Mentre la seconda norma si applica al datore di lavoro e non può essee estesa ad altri soggetti. Trova ingresso sul punto la censura della difesa laddove osserva che nel diritto penale vige il principio di stretta legalità. Questo esclude l’estensione della posizione di garanzia sugli obblighi di sicurezza ne iconfronti di altri soggetti.
E che spetta al titola dell’impresa di pulizia, che ne è pure direttore tecnico, impartire prima dell’intervento sulle grate esterne dell’impianto le istruzioni necessarie ai dipendenti. Nonché verificarne poi l’esatta osservanza da parte dei lavoratori.
Va sottolineato poi che al manager del condominio è contestata una imputazione autonoma mossa dall’accusa all’amministratore della società appaltatrice. Non risulta prospettata una cooperazione colposa fra il primo e il secondo. Il quale rimane estraneo all’applicazione delle norme antinfortunistiche di competenza del datore.
Azione autonoma
Di più. La sentenza di appello viene annullata agli effetti civili nei confronti dell’amministratore e del condominio. Impossibile condannare il profesisonista soltanto perché l’assemblea delibera all’unanimità di sostituire la ditta incaricata in precedenza della manutenzione. Non è chiaro se il nuovo appaltatore venga presentato come affidabile dall’amministratore o da qualcuno dei condomini.
Né se sia l’assemblea a valutare l’idoneità dell’impresa di pulizia oppure dia mandato all’amministratore di verificarla. Non si spiega se il documento di valutazione dei rischi sia preso in esame prima dell’affidamento dei lavori né eventualmente da chi.
Dunque risulta tutt’altro che appurato se il documento di valutazione dei rischi sia già tenuto in considerazione al momento dell’assemblea o l’amministratore abbia ricevuto un mandato ad hoc.
Sbaglia allora la Corte d’appello a condannare l’imputato perché ignora una questione fondamentale. Dal benservito dato al precedente appaltatore delle pulizie desume che l’amministratore sia unico arbitro della situazione. Nonché responsabile dell’impostazione del rapporto con la nuova impresa.
Tuttavia non indica da quali risultanze arriva alle conclusioni. E dire che l’autonomia di azione del professionista è un profilo legato in modo dissolubile ai temi devoluti al giudice di secondo grado con i motivi di gravame.
Insomma, sussiste la mancanza di motivazione. Un vizio che si configura non soltanto quando quest’ultima risulta completamente omessa. Bensì anche quando si rivela priva di singoli momenti esplicativi rispetto alle questioni sulle quali deve vertere il giudizio.
Sarà quindi il giudice civile ad accertare se il professionista dovesse o no eseguire pedissequamente le decisioni dei condomini.
Tutela rafforzata per l’amministratore
Il nodo della questione sta tutto nella interpretazione della norma di cui all’art. 26, comma primo, lettere a) e b) del D.Lgs 81/08.
Quando affida i lavori, il committente deve verificare che l’appaltatore sia in grado di svolgerli. Come? Controllando l’iscrizione alla Camera di commercio e facendosi autocertificare dalla società che l’impresa è in possesso dei requisiti di idoneità tecnico – professionali.
Ma è anche tenuto a informare chi dovrà eseguire i lavori dei rischi specifici che si corrono. Nonché delle misure di prevenzione ed emergenza che ha adottato in relazione a tali attività.
Nessun dubbio che la ratio della disposizione sia garantire una tutela rafforzata alla sicurezza sul lavoro ponendo specifici obblighi a carico del committente. Il quale, anche se affida l’appalto al terzo, non è automaticamente esonerato dall’osservare le norme antiinfortunistiche che avrebbe dovuto applicare se avesse eseguito direttamente i lavori. Seppur tuttavia conserva un certo debito di sicurezza nei confronti dei lavoratori impegnati nel cantiere.
I limiti di responsabilità per l’amministratore
Resta allora da capire quali siano i limiti della responsabilità. Non si può ad esempio esigere dal committente un controllo pressante. Nonché continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. Mentre, invece, risulta necessario verificare in concreto quale è stata l’incidenza della condotta rispetto all’incidente.
Il tutto considerando le capacità organizzative della ditta chiamata a realizzare l’opera. Nonché la specificità dei lavori da eseguire. Per non dimenticare i criteri seguiti per la scelta dell’appaltatore e l’eventuale ingerenza del committente nell’esecuzione dell’appalto.
Senza dimenticare che il giudice del merito deve accertare se il committente potesse percepire in modo agevole e immediato situazioni di pericolo nel cantiere.
Comunque, anche se chi commissiona l’opera non mette bocca nello svolgimento dei lavori. Ciò non esclude di per sé la sussistenza di una posizione di garanzia rispetto agli obblighi di sicurezza. Pesano infatti i doveri di cooperazione ed informazione propri di chi affida i lavori.
Di certo quest’ultimo non può, anche perché non è detto che sia in possesso delle relative competenze, verificare il rispetto delle condizioni d’uso della attrezzature utilizzate dai lavoratori. Tantomeno, potrà verificare il rispetto di eventuali procedure operative fissate dall’appaltatore. Tuttavia dovrà però preoccuparsi di garantire un adeguato scambio informativo e rilevare eventuali gravi carenze. Indicate queste ultime proprio dal buon senso.
In sintesi: è pacifico che l’amministratore del condominio assume la posizione di garanzia laddove organizza e dirige i lavori in prima persona. Ma anche quando affida i lavori all’appaltatore può ritenersi committente. Dunque è tenuto a osservare la disposizione di cui all’art. 26 del decreto legislativo 81/2008.
Qualità peculiare per l’amministratore
Il giudice di merito, in definitiva, deve considerare che l’imputato agisce nella peculiare qualità di amministratore di condominio. Accertando se l’appalto sia stato deciso e assegnato con una delibera di assemblea.
Si tratta di una circostanza di decisivo rilievo come sottolineato anche dalla sentenza 42347/13 emessa dalla terza sezione penale della Cassazione. Il tutto per affermare la responsabilità penale dell’amministratore condannato in appello all’ammenda per i reati ex articoli 26. Nello specifico comma primo, lettere a) e b) e 55, comma quarto, lettera d) per aver consentito che a svolgere i lavori fosse una impresa priva dei requisiti.
Non conta ai fini della condanna accertare se all’abbattimento della grossa pianta nel cortile del comprensorio abbia partecipato il portiere dello stabile. Il quale pure è un dipendente del condominio.
L’amministratore potrebbe in ogni caso rispondere agli obblighi di sicurezza come committente dell’opera. Ma pure in questa circostanza l’annullamento con rinvio della condanna scatta. Ciò perché è necessario che il giudice stabilisca se il professionista sia vincolato alla delibera condominiale. Dunque tenuto a dare esecuzione alla decisione dell’assemblea.
Non si può infatti prescindere dal ruolo che l’amministratore svolge nella stipula del contratto con l’appaltatore. nonché dai poteri conferitigli dal condominio nello specifico. Compete dunque al giudice del rinvio procedere a una ulteriore valutazione della condotta posta in essere dall’imputato. Questo per stabilire se l’attività svolta sia effettivamente riconducibile alla figura del datore di lavoro.
Il principio
Il principio che si trae dalla sentenza appena analizzata è importante. E’ infatti relativo al fatto che l’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere. Ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali. La posizione di “committente”.
Come tale sarà tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica dell’idoneità tecnico – professionale dell’impresa appaltatrice. Nonché di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro. Dovrà altresì cooperare e coordinare l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione.
Ne consegue, in caso di sinistro con la morte del dipendente dell’appaltatore, che è il condominio a dover essere considerato committente dell’opera e non l’amministratore. Questo nel caso non si dimostra il conferimento da parte dell’assemblea condominiale all’amministratore del potere di verificare l’idoneità tecnica e professionale della società appaltatrice.
Nonché di effettuare una disamina del documento di valutazione dei rischi dell’impresa relativamente alle operazioni da compiere in condominio. Dovendosi ritenere che soltanto in tal caso sia applicabile all’amministratore l’aggravante della violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro ex articolo 90 D.Lgs 81/08.
Conclusioni
Da quanto appena visto riteniamo di poter affermare che appaiono meglio chiariti quali devono essere i doveri dell’ amministratore in merito ad eventuali lavorazioni da svolgere in condominio.
Nei casi in cui è nominato un amministratore dunque questo non solo avrà il compito di amministrare le parti comuni tra i vari condomini secondo quanto previsto dal codice civile. In caso di gravi irregolarità si potrà arrivare alla revoca dell’ amministratore.
Ovvero, peggio ancora, in caso di incidenti o infortuni sul lavoro quest’ultimo potrà essere chiamato a rispondere. In particolare nel caso in cui si configurino in capo a quest’ultimo delle responsabilità che possono essere anche di natura penale.