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Sicurezza sul lavoro, l’importanza di educare su queste cose

Talvolta quando siamo in azienda sentiamo nominare, le volte in cui non “incollano” su di noi questo appellativo, il famigerato “responsabile della sicurezza”. Chiariamo insieme questo punto importante e vediamo di cosa si tratta.

La scena “tipo” in azienda

Come detto in apertura, a volte ci capita di sentire cose del tipo: “E così tu saresti il responsabile della sicurezza, vero?”. Quasi a voler, nemmeno troppo velatamente, dire: “Da questo momento son …. tuoi e se succede qualcosa il problema è tutto tuo!”.

La cosa particolare è che frasi di questo tipo capita di sentirle un po’ a tutti i livelli. Dalla “alta direzione” fino ai reparti produttivi. A questo punto però, quando sentono la risposta, tipicamente restano interdetti. Già, perché la risposta che siamo soliti dare è: “il responsabile della sicurezza non esiste!”.

A questo punto il “povero” datore di lavoro piomba nello sconforto più totale. Pensava infatti di aver trovato la perfetta “testa di legno”, quasi una vittima sacrificale. Infatti confidava nel fatto di poter continuare a fare tutto quello che aveva sempre fatto fino al giorno prima.

Tipicamente, in queste situazioni, per fortuna molto limitate, disinteressarsi completamente della sicurezza sul lavoro. Anzi, se possibile, ridurla al minimo e anche oltre. Cioè sacrificarla in nome della produzione e del fatturato.

Perché si sa, quel che conta, in Veneto come in tutto il mondo, sono i “Schèi”. Se dunque bisogna togliere qualche sicurezza sul luogo di lavoro per fatturare di più dov’è il problema? Tanto più che poi abbiamo anche il “responsabile della sicurezza” e ne risponde lui quindi vale la regola “liberi tutti”.

Il responsabile della sicurezza sul lavoro

Infatti il pensiero “medio” che si fa in questo tipo di aziende, che per fortuna non sono la maggioranza, è proprio questo. Cioè che avendo attivato una collaborazione con questo tizio e pagandolo quindi. Non importa quanto. In questo tipo di aziende sarà sempre “troppo!”.

Tra i suoi compiti ci sia anche quello di fare da “scudo penale” contro tutto e tutti in caso di infortuni sul lavoro. Ovviamente capite bene che qui stiamo parlando di una situazione in cui manca del tutto quella che è la cultura della sicurezza.

Se vengono fatte certe cose in materia di sicurezza è solo perché si percepisce, seppur in senso lato, il fatto che ci sono delle norme da rispettare ed alcune cose bisogna farle “per forza!”.

In questa prima fase infatti, l’unica leva su cui è possibile agire per fare comprendere alcuni concetti importanti è proprio quella giuridico – normativa. Si noti che in questa fase si mira a “far comprendere” i fondamenti della sicurezza sul lavoro.

Stiamo cioè parlando in pratica di educare il cliente verso una “cultura della sicurezza” in relazione a come deve essere gestita la sicurezza in azienda. Non è infatti in alcun modo possibile pensare in questo tipo di aziende di proporre un piano di interventi di miglioramenti più o meno strutturato ad esempio.

Prima, come detto, è necessario educare a certe cose. Solo in seguito, quando questi concetti saranno stati digeriti a sufficienza a tutti i livelli, sarà possibile pensare di proseguire il cammino.

D’altro canto è umano. Ognuno di noi impara prima a stare in piedi, poi a camminare e, solo in seguito, magari a correre e saltare. Analogamente non è possibile aspettarsi che aziende in cui è completamente assente una cultura della sicurezza all’improvviso passino da zero a cento.

L’educazione alla sicurezza sul lavoro

Tornando dunque alla risposta e cioè: “Il responsabile della sicurezza non esiste!”. Questa vuole essere proprio il punto di partenza di un percorso educativo alla sicurezza sul lavoro.

Infatti a questo punto la domanda che scatta immediatamente è relativa a quale sia la “situazione in azienda” dal punto di vista delle responsabilità. Questo ci offre l’assiste per chiarire bene quali sono i vari ruoli in azienda ed anche per dare, nei limiti delle nostre competenze, le informazioni minime in tema di responsabilità penali previste dalla norma.

Quando infatti cominciamo a chiarire che per legge la figure del “responsabile della sicurezza” non esiste ma sono individuate dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro tutta una serie di figure quali il “datore di lavoro”, “i dirigenti”, “i preposti” e così via. Ognuno dei quali ha dei compiti ben precisi in azienda. Compiti che se non vengono portati avanti prefigurano delle responsabilità penali per ognuna di queste persone. Ebbene a questo punto l’atteggiamento comincia a cambiare.

Quando poi si aggiunge anche il “carico da 90” chiarendo bene che la responsabilità penale è personale allora l’attenzione e, soprattutto, il pensiero e le coscienze cominciano a focalizzarsi ancora meglio. A questo punto si tratterà chiaramente di dare del tempo per far sedimentare bene questi concetti ed aspettare che inizino ad arrivare i primi frutti.

Solo così, quando l’azienda sarà un minimo “cresciuta” anche da questo punto di vista grazie ad una migliore consapevolezza di quello che è il contesto legato all’ambito della sicurezza sul lavoro si potrà andare avanti e procedere allo step successivo e così via.

Conclusioni

In conclusione noi crediamo infatti che il compito del buon consulente in materia di sicurezza sul lavoro sia anche quello di portare l’azienda a rendersi conto in autonomia di tutta una serie di cose. Queste sono le sfide che più ci appassionano. Cioè aiutare l’azienda facendola crescere anche da questo punto di vista così da metterla nelle condizioni di poter meglio gestire ed affrontare queste tematiche.

Insomma, intraprendere un cammino insieme per riuscire a metterla nelle condizioni migliori per gestire la sicurezza in azienda e portarla al punto in cui il supporto consulenziale esterno non sia più necessario o, quantomeno, sia ridotto al minimo. Questo è il nostro obiettivo e la nostra migliore soddisfazione.