autocertificazione dvr

Autocertificazione DVR, si può ancora fare?

Ancora oggi ci sono aziende che, in corso di verifica, forniscono una autocertificazione del DVR. Si può ancora fare? Va tutto bene? Quali regole bisogna seguire? Scopriamolo insieme.

C’era una volta…

Già, se fosse una storia è proprio così che inizierebbe il racconto. Infatti l’art. 29 del D.Lgs 81/08 al comma 5 prevede espressamente la cosa, seppur con delle indicazioni ben precise. Infatti è previsto che:

fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f). E comunque, non oltre il 30 giugno 2013, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi.

Dunque già le tre righe precedenti sembrano parlar chiaro. Bene, abbiamo già messo tanta roba sul piatto che è il caso di fermarsi e chiarire bene alcuni aspetti.

Cosa vuol dire fare l’autocertificazione del DVR?

Partiamo anzitutto col vedere cosa vuol dire andare ad autocertificare il DVR. Possiamo sicuramente dire cosa non è considerabile come “autocertificazione del DVR”. Badate sono casi reali presi dall’esperienza quotidiana di tutti i giorni senza girarci troppo intorno.

Sicuramente autocertificare il DVR non vuol dire avere la copia del D.Lgs 81/08 (o peggio ancora del D.Lgs 626/94) presente in azienda. Né, chiaramente, tantomeno, avere un foglio di carta ad hoc. Magari con sopra scritto che “Mario Rossi” in qualità di datore di lavoro dell’azienda “Pinco Pallino” certifica di aver valutato i rischi … ci ci rendiamo conto.

Somiglia, messa giù così, forse più ad una benedizione che non ad una “scartoffia” legata alla sicurezza. Infatti verrebbe da dire quasi “Amen” o, magari, qualcosa di ancor più “politicamente scorretto”.

Ad ogni modo possiamo sicuramente dire che l’autocertificazione del DVR è una attività che va presa molto sul serio. Non è infatti possibile in alcun modo pensare che una “fotocopia” possa andar bene. Si tratta di un meccanismo che era stato pensato per venire incontro alle micro imprese.

Le motivazioni e gli obiettivi

Parliamo di realtà produttive, tipicamente a conduzione familiare, in cui il numero di lavoratori presenti è molto esiguo. Ed inoltre il datore di lavoro è costantemente presente in azienda e lavora fianco a fianco con gli altri lavoratori.

Per cercare di non gravare in modo eccessivo su queste realtà si era pensato a questo strumento facendo anche affidamento sulla conoscenza dei datori di lavoro. Si tratta infatti spesso di situazioni in cui il datore di lavoro conosce ben a fondo la propria realtà produttiva. Quindi, magari svolgendo anche un opportuno corso per ricoprire il ruolo di RSPP. Ben può essere in grado di valutare in modo “efficace” i vari fattori di rischio.

Già perché quello dell’efficacia è il vero tema cardine della sicurezza. Il primo scopo che infatti pone il legislatore è quello di valutare i rischi col fine di tutelare i lavoratori.

Pertanto ancor prima che l’aspetto estetico, la metodologia, la dimensione del DVR viene l’efficacia dell’attività portata avanti. Dunque chi meglio di una persona che opera in quel settore da molti anni può fare una cosa del genere? Proprio questo era lo spirito che si celava dietro l’autocertificazione del DVR.

L’autocertificazione del DVR esonera della valutazione?

Nono dobbiamo dimenticare che la legge prevede sempre l’obbligo della valutazione dei rischi. Dunque in caso di controlli può sempre essere richiesto al datore di lavoro di fornire comunque il documento di valutazione dei rischi. Una richiesta di questo tipo infatti può sempre essere considerata legittima.

Questo vuol dire che non basta affatto una “autodichiarazione di avvenuta valutazione”. Bensì è necessario che sia presente un documento. Seppur sintetico e semplificato. Il cui obiettivo è appunto quello di dimostrare che l’autocertificazione del DVR è effettivamente veritiera.

Ciò perché la valutazione dei rischi è effettivamente avvenuta. Inutile dire quindi che non provvedere alla stesura di una valutazione scritta e aggiornata di tutti i rischi. Da sempre ed a prescindere dalle dimensioni aziendali. Può comportare grossi rischi per qualunque azienda.

A riprova di ciò e di quanto sia importante una autocertificazione del DVR fatta come si deve citiamo solo la pronuncia della Cassazione Penale Sezione III. Sentenza n. 23968 del 15 giugno 2011.

Tale sentenza ha definitivamente stabilito che autocertificare la effettuazione della valutazione dei rischi non significa che il datore di lavoro non debba provvedere ad effettuare la valutazione dei rischi secondo le modalità stabilite dalla legge.

Bensì che una volta effettuata tale valutazione il datore di lavoro stesso è tenuto comunque ad elaborare con l’autocertificazione un documento dal contenuto valutativo pieno. Sia pure senza l’estrema analiticità richiesta per le attività di maggiori dimensioni, sia pure meno analitico.

Il carattere temporaneo dell’autocertificazione del DVR

Per quanto fin qui detto non dimentichiamo inoltre un altro aspetto importante. L’autocertificazione del DVR è nata quale misura temporanea. Cioè per far fronte al “vuoto normativo” che era in essere nell’attesa del “famoso” decreto di cui “all’articolo 6, comma 8, lettera f)“. Tant’è vero che il D.Lgs 81/08 ne vieta l’utilizzo oltre il 30 giugno 2013.

Va da sé dunque che questo strumento era stato pensato dal Legislatore per “traghettare” verso quelle che poi sarebbero state le cosiddette “procedure standardizzate”.

Seppur l’intento fosse valido, l’autocertificazione del DVR, di fatto, ha prodotto più danni che altro. Questo anche grazie alla visione miope ed utilitaristica che molti datori di lavoro hanno fatto dello strumento.

Infatti per anni si è andati avanti pensando che un “foglio di carta” in cui era scritto che “…è tutto ok” potesse essere sufficiente per andare indenni da eventuali sanzioni o peggio ancora.

Bene, è giunto il momento finalmente quantomeno di prendere coscienza che le cose sono cambiate. Andiamo insieme a vedere come ripercorrendo la storia…

Le procedure standardizzate

Come indicato in apertura nell’articolo, finalmente il decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f) è arrivato. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro infatti ha approvato il 16 maggio 2012 le procedure standardizzate.

Si tratta di uno strumento per la valutazione dei rischi nelle aziende che occupano fino a 10 lavoratori. Le nuove procedure sono state recepite attraverso un decreto interministeriale, del 30 novembre 2012 che è in vigore dal 4 febbraio 2013.

Per quanto previsto dal D.Lgs 81/08, in questo modo si è dunque resa obbligatoria in ogni caso la valutazione dei rischi dal 4 maggio 2013.

All’entrata in vigore delle procedure, successivamente alla pubblicazione, i datori di lavoro delle aziende fino a 10 lavoratori hanno potuto quindi procedere alla valutazione dei rischi come previsto dal comma 5 dell’articolo 29 del D.lgs. 81/08.

Dopo tre mesi però o comunque non oltre il 30 giugno 2013. Quest’ultima circostanza è comunque non applicabile, in quanto già pubblicate le procedure standardizzate. E’ cessato anche il regime transitorio che consentiva a questi datori di lavoro di autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi.

La possibilità di autocertificazione del DVR è terminata infatti il terzo mese successivo alla data di entrata in vigore delle procedure standardizzate (che è il 4 maggio 2013).

La nota del Ministero del Lavoro

Anche la Nota del 31 gennaio 2013 del Ministero del Lavoro ha riportato un chiarimento in merito alla proroga del termine per l’autocertificazione del DVR ai sensi dell’articolo 29, comma 5, del Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, e s.m.i.

Il chiarimento ha definito come data ultima per l’autocertificazione il 31 maggio 2013. La spiegazione di tale data è che con le parole “fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale” (comma 5, art. 29, D.Lgs. 81/2008). Non si deve intendere il calcolo di tre mesi esatti dall’entrata in vigore del decreto interministeriale relativo alle procedure standardizzate.

Che il Ministero indica entrare in vigore il 6 febbraio 2013. Si deve intendere invece proprio la fine del terzo mese. Stante questo chiarimento e questa interpretazione. La nota stabilisce definitivamente che la possibilità per i datori di lavoro di procedere con la autocertificazione del DVR termina in data 31 maggio 2013.

Dunque oggi qual’è la situazione?

La situazione attuale è quella che vede il pensionamento dell’autocertificazione del DVR e la sostituzione con le procedure standardizzate. Con questo strumento si vuole offrire una strada per semplificare il percorso valutativo favorendo i datori di lavoro nella stesura del DVR. Cioè un percorso predefinito e guidato.

Al tempo stesso l’intento è quello di offrire uno strumento che impone l’analisi di tutti i rischi con i conseguenti evidenti benefici per i lavoratori. Non solo, questo strumento consente anche di omogeneizzare i diversi DVR andando a conformarli ad un modello. Infine, come anticipato, l’obiettivo è quello di eliminare l’autocertificazione che di fatto è risultata di nessuna utilità.

L’eliminazione della autocertificazione e l’instaurazione delle procedure hanno “sicuramente portato dei miglioramenti al sistema”.

In questo senso il datore di lavoro, o chi per lui, “seguendo lo schema delle procedure è costretto perlomeno ad indicare la presenza dei rischi e ad effettuare le relative valutazioni o alcune di esse”.

In particolare nel settore edile le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi. Come del resto quello dei modelli semplificati di POS, PSC e PSS di cantiere.

Non hanno probabilmente ottenuto la diffusione che il legislatore si augurava. Tuttavia cosa ben più importante è che nella stragrande maggioranza dei casi sono state piegate al concetto particolare di “semplificazione” dei datori di lavoro “poco attenti” o dei consulenti “poco seri”. 

Possiamo quindi sicuramente dire che la valutazione dei rischi standardizzata rappresenta una ottima opportunità. Questo perché offre un percorso costituito da paletti. Questi quindi ricordano al compilatore cosa dover analizzare e dettagliare. Non per ultimo il piano di miglioramento.

La divisione in moduli delle procedure standardizzate

Ci pare infine opportuno fornire alcune indicazioni e suggerimenti sui vari moduli con cui si articolano le procedure standardizzate a differenza della autocertificazione del DVR. Questi infatti si organizzano secondo lo schema riportato di seguito:

Modulo 1.1

Dati aziendali e nominativi dei componenti del sistema di prevenzione e protezione (DDL – RSPP – ASPP – M.C. – RLS/T – Addetti emergenze)

Modulo 1.2

Descrizione delle lavorazioni aziendali e identificazione delle mansioni. Se in azienda sono presenti più cicli, si potrà utilizzare un modulo per ogni ciclo.

Modulo 2

Individuazione dei pericoli presenti in azienda. Ad ogni ciclo del punto precedente corrisponde un modulo di individuazione dei pericoli. A riguardo si ricorda che la definizione di pericolo è la proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni. Ad esempio una porta o un bagno non sono dei pericoli, sono dei fattori. Il distacco della porta diventa un pericolo che potenzialmente può creare un danno. Forse il ‘pericolo’ trova spazio più appropriato nella colonna ‘esempi di incidenti e di criticità’.

Modulo 3

Valutazione dei rischi, misure di prev. e prot. attuate e programma di miglioramento. Nella prima colonna si deve inserire l’area, il reparto o il luogo di lavoro. Mentre nella seconda la mansione/postazione, dati che sono indicati nel modulo 1.2 (‘lavoraz. aziendali e mans.’) ma non nel modulo 2 (‘indiv. dei pericoli’).

La conseguenza di ciò è che posso procedere nel compilare la valutazione inserendo l’area o il reparto e la mansione prendendoli dal modulo 1.2. Ma quando bisogna inserire i dati nella terza colonna della valutazione, cioè quella dei ‘pericoli’ presente nel modulo 3, si rischia di andare nel caos.

Ciò perché il modulo 2 tratta tutti i pericoli riferiti all’intero ciclo del modulo 1.2 senza fare distinzioni in merito all’area e alle mansioni. Per ovviare al problema sarebbe quindi forse utile che anche il modulo 2 riferisse i pericoli all’area ed alla mansione.  In quest’ultimo modulo non si fa cenno alla valutazione indicata dall’art. 28 lettera a). In pratica è assente il metodo P x D o gli alternativi. Di conseguenza alcuni rischi, come ad esempio quello di caduta dall’alto, potenzialmente possono quindi di essere solo menzionati e trattati senza però farne risultare l’entità del rischio, elemento fondamentale per elaborare il piano di miglioramento.