principio di effettività

Principio di effettività e organigramma aziendale

Per comprendere il principio di effettività va premesso, innanzitutto, che è l’esercizio effettivo dell’impresa che consente di trovare la figura del datore di lavoro. In applicazione di tale principio di effettività, infatti, l’articolo 299 del D.Lgs 81/2008, inserito tra le disposizioni penali, ha esplicitato un principio da decenni affermato dalla giurisprudenza.

Dopo aver trattato l’organigramma aziendale per la sicurezza passiamo a vedere il principio di effettività nel panorama attuale e come questo è inquadrato nei vari stati membri dell’unione. Nei vari ordinamenti giuridici il diritto UE offre indicazioni in tal senso.

Nell’ ordinamento nazionale in materia di di sicurezza sul lavoro tale diritto comunitario è ormai presente da anni. Le normative nazionali a tutela dei diritti della sicurezza prevedono infatti che il giudice nazionale faccia riferimento a chi in concreto esercita una certa posizione di garanzia.

Dunque, anche chi è formalmente sprovvisto di una certa investitura può essere considerato responsabile se, in concreto, esercita la funzioni ed i poteri a questa spettanti.

Il principio di effettività

In materia di sicurezza il D.Lgs 81/08 ha chiarito un principio importante. Cioè che le posizioni di garanzia relative a datore di lavoro, dirigente e preposto “gravano” in modo peculiare su colui il quale. Pur sprovvisto di regolare investitura. Eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

Dunque il  principio di effettività prevede che nelle imprese od enti a gestione complessa e differenziata. La valutazione dei destinatari delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro deve essere effettuata in modo “chirurgico”.

Non tenendo presenti le diverse astratte qualifiche spettanti a coloro che fanno parte dell’ente o dell’impresa. Ad esempio il legale rappresentante, il dirigente, il preposto, ecc.. Bensì invece facendo riferimento alla ripartizione interna delle specifiche competenze. Così come regolate dalle norme, ai regolamenti o dagli statuti che governano i singoli enti o le singole imprese

È interessante analizzare a tale proposito una pronuncia della Cassazione emanata a seguito di un infortunio mortale occorso ad un lavoratore in una cartiera. A causa di un sistema di lavoro errato e di un ambiente di lavoro fortemente a rischio.

A rischio sia per l’instabilità delle pesanti (ed ingombranti) balle di carta accumulate l’una sull’altra senza essere fissate al muro, in locali talvolta male illuminati ed inadeguati.

Sia per il sistema di stoccaggio e prelevamento delle stesse. Il quale non garantiva l’incolumità dei lavoratori. Cass. Pen., sentenza n. 38428 del 22 novembre  2006.

Le indicazioni della giurisprudenza

La Corte d’Appello, in applicazione del  principio di effettività (art. 299, D.Lgs. n. 81/2008), aveva visto il datore di lavoro nel soggetto che concretamente impartiva disposizioni ai lavoratori ed organizzava l’attività aziendale. Ciò consentiva di indicarlo quale titolare della posizione di garanzia all’interno dell’azienda e dunque di responsabile dell’incolumità dei lavoratori.

Nel qualificare l’imputato come soggetto titolare della posizione di garanzia all’interno della cartiera. In virtù del principio di effettività la corte di Cassazione ha confermato l’impostazione della Corte d’Appello.

Ha infatti affermato che. Al di là della qualifica formale operata da quest’ultima.

Aveva visto nell’imputato il CEO dell’azienda. Della quale era invece titolare la moglie. Su quello incombeva l’obbligo di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Questo in virtù delle mansioni dirigenziali dallo stesso in concreto ricoperte ed esercitate all’interno della stessa azienda, secondo quanto emerso dalle acquisizioni probatorie in atti.

In particolare, l’imputato era stato indicato dalle dichiarazioni dei testi in modo preciso. Come il soggetto che dava le direttive ai dipendenti e che di fatto si comportava quale effettivo titolare dell’azienda.

L’orientamento consolidato nella giurisprudenza

Tale approccio è coerente con l’orientamento ormai consolidato della Suprema Corte. Secondo il quale in tema di infortuni sul lavoro. La valutazione dei soggetti destinatari della relativa normativa. Devono essere operata sulla base dell’effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti.

Deve quindi fondarsi non già sulla qualifica rivestita. Bensì sulle funzioni in concreto esercitate. Queste prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto. Ossia alla sua funzione formale.

Come a dire che la mansione concretamente esercitata prevale sulla qualifica formale e apparente.

La disposizione che individua come datore di lavoro non solo il titolare del rapporto di lavoro. Bensì anche, in alternativa o anche in modo concorrente, il soggetto “titolare dei poteri decisionali e di spesa”.

Recepisce la lunghissima strada della giurisprudenza in materia. Sviluppatasi a partire dal D.P.R. n. 547/1955 (ora abrogato). Ovvero l’attribuzione “iure proprio”, a prescindere da uno specifico incarico aziendale. Delle posizioni di garanzia implicite nella collocazione aziendale gerarchica  o nella situazione di fatto, concreta,  esistente nel luogo di lavoro.

Dunque la legge ribadisce che la verifica delle figure di datore di lavoro, dirigente e preposto va operata con riferimento al ruolo e alla mansione realmente svolta. Cioè concretamente espletata. Nonché ai poteri realmente conferiti, al di là di ogni investitura formale.

Tale principio trova applicazione in tutte quelle realtà aziendali complesse. Nelle quali il titolare del rapporto di lavoro non è il soggetto che ha la responsabilità concreta della gestione effettiva dell’azienda, o unità produttiva.

Il datore di lavoro ed il principio di effettività

Può dunque ben essere che in una medesima azienda. Sotto un’unica ragione sociale. Vi siano, ai fini della prevenzione infortuni e malattie professionali, due datori di lavoro responsabili di fronte alla legge quali principali soggetti obbligati. Principali debitori di sicurezza nei confronti dei lavoratori.

Ciò sempre però che questi soggetti dispongano dell’adeguato potere direttivo, decisionale, gestionale e di spesa necessario per garantire lo svolgimento sicuro dell’attività lavorativa aziendale.

Queste condizioni devono risultare in modo netto e chiaro da documenti aziendali aventi data certa, che attribuiscano in modo esplicito i citati poteri e doveri.

Qualora questi poteri incontrino dei limiti, è chiaro che detto soggetto risponderà dell’adempimento dei propri doveri prevenzionistici solo nell’ambito così delimitato. Oltre al quale risponderà il soggetto più prossimo a lui nella linea gerarchica aziendale.

Il principio di effettività come cardine del sistema di responsabilità aziendale in tema di sicurezza

L’elevazione del criterio di effettività a cardine dell’intero sistema di responsabilità conduce al pieno adempimento legislativo della legittimità di una delega di funzioni. Questa resta (sia ben chiaro) una facoltà, e non un obbligo, del delegante datore di lavoro, avente efficacia pienamente liberatoria, secondo la visione della teoria giuridica ‘funzionalistica’. Permette inoltre pure di risolvere l’annosa questione dell’imputazione delle responsabilità infortunistiche all’interno delle persone giuridiche.

In relazione nelle società di capitali la gestione della società può essere affidata ad una sola persona. Oppure ad un intero consiglio di persone.

Quest’ultimo può a sua volta trasferire le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad un suo  membro. Tramite l’istituto della delega di cui all’art. 2381 codice civile.

Qualora il consiglio abbia distinto le competenze e investito espressamente il consigliere delegato dei compiti di gestione. Ovvero il presidente del consiglio, ad esempio. Si realizza una corretta valutazione del datore di lavoro di cui all’articolo  2 c. 1 lett. b) del  Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81.

Resta però fermo il potere – dovere di controllo generale a carico del consiglio sul concreto espletamento delle funzioni assegnate. La valutazione del soggetto passivo dell’obbligazione di sicurezza quale datore di lavoro. Ovvero soggetto obbligato in via principale, può dirsi compiuta tenendo presente la struttura effettiva dell’impresa e le mansioni esercitate (principio di effettività).

Quindi va a gravare su quel soggetto  che è tenuto a compiere tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale. Compresi quelli volti ad assicurare che l’opera dei lavoratori sia espletata nel rispetto delle norme sulla prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro.

Se c’è un CdA?

Deve però precisarsi che la posizione del comitato esecutivo. Ovvero del dirigente delegato. Nei casi in cui l’assemblea o l’atto costitutivo consentano la delega a questi delle attribuzioni spettanti al consiglio.

Non può essere definita a priori, a seguito della non chiara valutazione della sfera di competenze dell’organo delegato. Il quale può vedersi riconosciuti poteri di contenuto oscillante tra la mera esecuzione delle decisioni consiliari.

Nel qual caso la qualità di datore di lavoro di cui all’art. 2 comma 1 lett. b) del D.Lgs. n. 81/2008 resta in carico all’intero consiglio, da un lato. Al contrario la diretta titolarità di proprie prerogative gestionali, dall’altro.

Più in generale va detto che per trovare i garanti dell’obbligazione di sicurezza bisogna procedere in modo meticoloso. Puntando l’attenzione sul contenuto delle competenze concretamente conferite ai soggetti eventualmente  delegati.

Ai quali la titolarità passiva dell’obbligazione di sicurezza può essere dunque imputata. Ciò nella misura in cui ad essi spetti l’esercizio dei poteri di gestione necessari per conformare la gestione dell’impresa agli imperativi legali.

In questo senso la Suprema Corte reputa che si debba privilegiare la ‘personalizzazione’ della responsabilità. Riconoscendo la legittimità della delega e l’autonomia dei poteri-doveri del delegato. All’applicazione della pena non può pervenirsi in base a situazioni puramente formali. Essendo fondamentale principio costituzionale, quello secondo cui ognuno deve essere punito soltanto se abbia coscientemente partecipato alla commissione dell’illecito.