sbarco in quota

Sbarco in quota da PLE, facciamo chiarezza

Quello dello sbarco in quota dalla PLE è uno dei temi tanto dibattuti in ambito sicurezza. Se ne sono dette, viste e sentite tante. Proviamo a chiarire la questione e vediamo insieme qual’è la situazione attuale.

Partiamo dall’inizio dicendo che non è possibile esaurire l’argomento nello spazio di un solo articolo. Per cui iniziamo adesso ad inquadrare il problema ed in seguito andremo via via ad approfondire.

Sappiamo che in tutti i luoghi di lavoro in cui dei lavoratori svolgono attività lavorativa il datore di lavoro e tenuto a rispettare quanto previsto dal D.Lgs 81/08. In particolare per quanto riguarda l’uso delle attrezzature di lavoro, quali appunto le PLE, vi sono dei chiari riferimenti normativi da rispettare. Partiamo allora inquadrando il problema.

Inquadriamo il problema

Capita spesso ed in tanti ambiti produttivi che, in tema di lavori in quota e relativo sbarco. I lavoratori, scavalcano il parapetto del cestello della piattaforma aerea per portarsi nell’area oggetto dell’intervento.
In questa circostanza il problema di fondo. Che fa si che tale attività possa considerarsi pericolosa. E’ legato al fatto che il lavoratore che la compie si viene a trovare completamente libero nello svolgimento di un lavoro in quota.

Cioè è privo di DPI anticaduta e non risulta spesso protetto da dispositivi di protezione collettiva. Quindi è esposto in modo evidente al rischio di caduta dall’alto.
Tra l’altro per poter utilizzare queste attrezzature è richiesta una specifica abilitazione ottenuta in seguito ad un corso di formazione. Come indicato dall’accordo dello scorso 22 febbraio 2012. Ebbene, se andiamo a vedere quali sono i contenuti minimi previsti per il relativo corso possiamo vedere che al punto 2.6. sono previsti i seguenti argomenti:

  • analisi e valutazione dei rischi più ricorrenti nell’utilizzo delle PLE (rischi di elettrocuzione, rischi ambientali, di caduta dall’alto, ecc.);
  • spostamento e traslazione, posizionamento e stabilizzazione, azionamenti e manovre, rifornimento e parcheggio in modo sicuro a fine lavoro.

Quindi, almeno tra gli argomenti ufficiali del programma non si cita in alcun modo la prassi tanto ricorrente dello “sbarco in quota” dalla PLE. Proprio a fronte di questo quindi tale operazione deve essere oggetto di una attenta valutazione dei rischi. In caso contrario tutta l’azione è da considerarsi sempre vietata. Questo perché diventa il frutto di una azione svolta sul momento senza pensare né alle conseguenze né, tantomeno, alle necessarie misure di sicurezza da adottare.

Lo sbarco in quota come “prassi operativa”

Altra cosa che capita spesso di vedere quale comportamento scorretto è l’uscita “tout court” dell’operatore dalla cabina della PLE. Seppur col cordino anticaduta collegato ad una estremità all’imbracatura e per l’altra ad uno dei correnti del cestello. Ovvero all’asola di aggancio prevista sul cestello dal costruttore. Anche questa situazione può essere origine di molti rischi.

Anzitutto il disassamento dell’operatore dovuto ad un azionamento involontario dei comandi. Magari compiuto da parte degli altri operatori a terra ignari della connessione in corso dall’operatore. Ancora, mancata trattenuta dello stesso, in caso di una sua caduta nel vuoto, dovuta a scivolamento/inciampo o anche a movimenti improvvisi della PLE.

In questa ipotesi infatti si verificherà la rottura del corrente o del “punto di ancoraggio” installato sul parapetto del cestello. Questo infatti di certo non è un dispositivo d’ancoraggio di portata appropriata.

Questo metodo di lavoro è dunque sicuramente pericoloso perché, di fatto, si viene ad utilizzare la PLE come un dispositivo di ancoraggio. Questo non va bene, anzitutto perché si tratta di un ancoraggio “mobile” e poi perché la struttura della PLE non è progettata per questi usi. Quindi, in caso di necessità, l’ancoraggio non riuscirà a far fronte al carico dinamico che si genera.

Si comprende bene quindi come una situazione di questo tipo sia molto pericolosa perché addirittura induce nel lavoratore un senso di “falsa sicurezza”.

Altra situazione che è necessario evitare sempre è l’eventuale uso di strutture per prolungare in modo artigianale il cestello. Così come non è possibile usare scale nel cestello o, ancora, i correnti del cestello come pioli. Analogamente non si possono utilizzare pedane o tavole di sorta per raggiungere postazioni difficoltose.

Lo sbarco in quota e la uni en 280

Per la progettazione e la costruzione di una piattaforma di lavoro elevabile (PLE) i costruttori sono soliti utilizzare la norma armonizzata EN 280. Questo perché il suo rispetto garantisce il soddisfacimento di alcuni dei cosiddetti requisiti essenziali di sicurezza richiamati nela Direttiva Macchine.

La sua ultima versione è del 2015. In tale norma sono indicate le caratteristiche tecniche e di sicurezza da seguire per progettare nel modo corretto una PLE.

Sempre nella stessa norma è anche definito in modo chiaro cosa deve intendersi per PLE. Stiamo parlando di una attrezzatura di lavoro progettata per spostare persone in posizioni di lavoro diverse.

Ciò al fine di svolgere lavori di manutenzione, costruzione e altro. Operando però dall’interno della piattaforma stessa. Cioè quindi presupponendo che le persone accedano ed escano dalla piattaforma di lavoro nei punti di accesso a livello del suolo o sul telaio.

Dunque da una prima lettura relativa allo scopo della norma. Questa sembra prevedere un divieto riguardo alla possibilità per l’operatore di uscire dal cestello per raggiungere luoghi di lavoro esterni alla PLE. Quindi le uniche posizioni in cui sarebbe consentita l’entrata o l’uscita dal cestello sono a livello del terreno o del carro.

In verità però, poco oltre, al par. 1.2, lett. e). Si legge che: “non copre i pericoli derivanti dall’accesso o uscita dalla piattaforma di lavoro a differenti livelli” che è proprio l’attività di sbarco in quota che ci interessa.

Dunque non è propriamente corretto dire che la UNI 280 “vieta” lo sbarco in quota. Bensì che la norma in questione, più semplicemente, non prevede lo sbarco in quota come modalità operativa finalizzata alla progettazione della PLE. Quest’ultimo concetto però è molto diverso rispetto a quello di un “divieto”.

Le altre indicazioni normative

D’altro canto, sempre in tema di piattaforme di lavoro mobili elevabili PLE ed UNI 280, spesso si fa discendere questo “divieto” dal punto norma 7.1.1.2 lettera “o”.

Questo punto infatti vieta testualmente: “di salire o scendere dalla piattaforma di lavoro quando elevata”. Tuttavia però, se quanto appena affermato dovesse valere come “divieto”. Ciò implicherebbe il fatto che la norma, allora, prende in considerazione la cosa e la va a vietare. Ma, proprio poco fa, abbiamo detto che, semplicemente, questa modalità operativa non è presa in considerazione dalla norma in questione!

Quindi, l’unica lettura plausibile di questo punto norma è legata al divieto di salire e scendere dal cestello quando questo è sollevato. Andando cioè ad arrampicarsi lungo il braccio aperto. Tutto questo però non ha nulla a che vedere con il nostro sbarco in quota.

Bene, con questo possiamo dire che per il momento abbiamo inquadrato il problema. Nei prossimi articoli passeremo in rassegna le linee guida Inail e le ulteriori norme tecniche così da rispondere in modo chiaro alla domanda inziale.