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231 e infortuni sul lavoro, chi non previene paga

Dopo un infortunio sul lavoro a carico dell’ente si configura la responsabilità amministrativa ex dlgs 231/01. Inoltre scatta la sanzione penale ai manager e alla società perché tollerano prassi pericolose nelle lavorazioni. Gli amministratori delegati succedutisi al timone dell’azienda rispondono per lesione colposa aggravata dalla violazione delle norme di sicurezza. Senza le carenze a livello generale, infatti, il sinistro non si sarebbe verificato

L’ente è responsabile in via amministrativa ex decreto legislativo 231/01 se non ha adottato modelli idonei a prevenire reati specifici. Anzi l’azienda si avvantaggia del ciclo produttivo più snello e rapido a spese della sicurezza dei lavoratori.

E’ quanto emerge dalla sentenza 48779/19, pubblicata dalla quarta sezione penale della Cassazione.

Come sappiamo la sicurezza sul lavoro è ormai contemplata tra i reati presupposto del decreto legislativo 8 giugno 2001 n 231. In particolare si prevedono pesanti sanzioni pecuniarie laddove si riscontrasse che i reati commessi sono nell’interesse dell’ente.

Il caso e il dlgs 231

Diventano definitive le condanne inflitte a entrambi i soggetti sottoposti a processo. Nel caso di specie gli amministratori delegati succedutisi alla guida della SpA. Quando l’incidente si verifica, il successore ha assunto la carica soltanto da un mese: è un tempo sufficiente per assumere una adeguata conoscenza della situazione aziendale.

La colpevolezza è inoltre affermata sulla base del giudizio. Il dipendente non si sarebbe infortunato alla mano se avesse adottato la corretta procedura di lavoro. Si effettuava infatti cannottatura, invece che consentire agli operai di insufflare aria compressa, una prassi più rischiosa ma che permette di evitare la saldatura. Dunque?

I due amministratori delegati rispondono non perché inadempienti rispetto al compito di vigilare e sorvegliare rispetto a istruzioni già impartite. Rispondono per non avere impedito scorrette modalità di produzione: è insomma escluso che l’infortunio si verifichi per una iniziativa non prevedibile del lavoratore.

Idem vale in merito alla commissione dei reati ex articolo 25-septies del decreto legislativo 231/01 contestato alla SpA (persona giuridica). Ciò in relazione al delitto di cui al 590 c.p. La responsabilità amministrativa dell’ente c’è quando vi sono condizioni ben precise. Nello specifico quando la condotta colposa degli amministratori risulta compiuta nell’interesse della società o produce un vantaggio a favore della compagine.

Non c’è dubbio che la prassi pericolosa avallata da tempo in azienda porti un risparmio di spesa. Ciò anche rispetto alla mancata formazione e informazione dei dipendenti sulla procedura corretta da seguire.

I precedenti

Attenzione, però: non scattano di default le sanzioni ex d.lgs 231 all’azienda soltanto perché il datore è colpevole dell’incidente sul lavoro. L’equazione fra responsabilità penale della persona fisica, datore o preposto, e quella amministrativa dell’ente non sta in piedi.

Anche se viene condannato l’imprenditore, dunque, non è adottata di default la sanzione “231” per la società. Questa è presente soltanto quando l’azienda ha un interesse o un vantaggio per la mancata adozione delle misure di sicurezza finalizzate a prevenire reati della specie in questione. Nel caso di specie, omicidio colposo o lesioni personali colpose, addebitato all’imputato.

Il primo passo nella valutazione del giudice è verificare se in epoca anteriore al sinistro l’impresa ha predisposto un modello organizzativo 231 che deve essere conforme alle norme.

Dunque valuterà se il modello è stato adottato ed efficacemente attuato. E’ quanto si legge nella sentenza 43656/19, pubblicata dalla quarta sezione penale della Cassazione. Con questa sentenza il ricorso del preposto alla sicurezza viene rigettato mentre quello della srl contro la sanzione “231” accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale.

Un ulteriore caso di studio

I fatti: durante i lavori di innalzamento di un edificio un operaio muore schiacciato. Il pavimento infatti cede sotto il peso del pesante mezzo che perfora il suolo per posare in opera i micropali.

Per evitare crolli la superficie doveva essere ricoperta di assi di legno e lamiera prima del passaggio della macchina. Sbaglia la Corte di appello che conferma a carico della srl la condanna ex articoli 5, primo comma, e 25-septies dlgs 231/01. La corte in questione si è limitata a motivarla sulla inadeguatezza del piano operativo di sicurezza. Ciò perché un conto è il POS (Piano Operativo di Sicurezza) e un altro il modello di organizzazione, gestione e controllo.

Nelle sentenze di merito manca la valutazione su contenuto e adeguatezza del Mogc (modello di organizzazione, gestione e controllo). Anche la difesa pone questa questione in modo serio con l’atto di appello.

E’ vero: in caso d’infortunio sul lavoro può sussistere l’interesse che fa scattare la sanzione 231. Ciò anche per i risparmi su consulenza, formazione, manutenzione, interventi strumentali e materiali di scarto. Ma senza verifica del modello non si può affermare la responsabilità amministrativa dell’ente. Parola al giudice del rinvio.

Conclusioni

Ci fermiamo per il momento qui. Proseguiremo l’approfondimento con un successivo articolo. Concludiamo invitandovi a registrarvi alla nostra newsletter per rimanere sempre aggiornati. Leggete gli altri articoli in tema di sicurezza sul lavoro!