rischio residuo

Il rischio residuo ed i criteri per la sua accettabilità

Oggi trattiamo il tema del rischio residuo nell’ottica dei criteri di accettabilità e tollerabilità. Quand’è che possiamo dire che il rischio residuo è accettabile? Quando è tollerabile? Si tratta di un tema molto delicato che è bene approfondire.

Cos’è il rischio residuo?

Si parla spesso di valutazione dei rischi come di un processo finalizzato a garantire la salute e sicurezza sul lavoro. Ciò grazie alla adozione di misure di prevenzione e protezione.

Il datore di lavoro, ai sensi del D. Lgs 81/08 è tenuto a valutare tutti i rischi presenti in azienda. Deve fare in modo che ogni fattore di rischio possa essere annullato o, se non è possibile, ridotto al minimo.

Dunque un primo passaggio molto importante direttamente connesso al rischio residuo è quello della riduzione del rischio. Tale aspetto deve essere portato avanti in ogni luogo di lavoro e per ogni attrezzatura di lavoro o mansione svolta. Per farlo ci si potrà appoggiare a norme tecniche o a linee guida.

Alla fine di questo lungo e complicato processo capiterà spesso che un certo fattore di rischio non risulterà azzerato perché tecnicamente impossibile. Ma sarà stato più o meno ridotto.

Dunque dopo l’adozione delle varie misure di sicurezza rimarrà comunque un certo rischio. Questo è proprio il rischio residuo. Cioè quel rischio che permane anche dopo l’adozione di tutte le misure di prevenzione e protezione previste nella valutazione dei rischi.

Criteri di accettabilità e tollerabilità del rischio residuo

A questo punto però si pone un problema importante. Abbiamo infatti valutato i rischi. Abbiamo quindi previsto le misure di prevenzione e protezione ritenute necessarie per la loro riduzione. Grazie a tali misure i rischi risultano ridotti.

Ma … questi rischi sono stati ridotti ad un livello tale da consentire le lavorazioni garantendo un adeguato livello di sicurezza?

Cioè siamo sicuri che il nostro rischio residuo sia realmente sotto controllo in modo tale da consentire lo svolgimento delle lavorazioni oppure no?

Per poter rispondere a questa domanda c’è chiaramente bisogno di fissare un riferimento. Il più semplice approccio per definire un criterio di accettabilità e tollerabilità del rischio residuo consiste nel dividere i rischi in due categorie.

Quelli che necessitano di trattamento e quelli che invece non necessitano di alcun trattamento. Tale approccio conduce a risultati semplici in apparenza. Tuttavia esso non riflette le incertezze insite nella stima dei rischi e nella definizione di tale soglia di confine.

Cioè tra i rischi che dovranno essere sottoposti a trattamento e quelli che invece non lo saranno. Una cosa da chiarire è che il criterio di accettabilità e tollerabilità del rischio deve essere definito dall’azienda sulla base dei propri principi. Nonché della propria sensibilità al rischio.

Le fasce di rischio residuo crescenti

La decisione se intraprendere o meno la fase di trattamento di un rischio può dipendere da vari aspetti. Primo fra tutti il rapporto costi/benefici connessi allo sviluppo di eventuali misure di controllo aggiuntive. Per questo motivo, un approccio trasversalmente condiviso in vari settori dell’industria è quello che prevede la divisione dei rischi in tre fasce:

  • Una fascia superiore, in cui il livello di rischio residuo è considerato non tollerabile qualunque sia il beneficio portato dall’attività rischiosa. In questa fascia il trattamento del rischio è essenziale, qualunque ne sia il costo;
  • Una fascia intermedia, in cui si considera il rapporto tra i costi ed i benefici attesi dalle misure aggiuntive. Comparando opportunità e potenziali conseguenza;
  • Infine vi è una fascia inferiore, dove il livello di rischio è considerato accettabile. Ovvero comunque tale da non necessitare d alcuna fase successiva di trattamento.

Uno dei metodi più diffusi per rappresentare le fasce di accettabilità e tollerabilità del rischio residuo è la matrice. Grazie alle matrici possono essere valutati intervalli di riferimento fondati su categorie di effetti e/o classi di probabilità.

La matrice di rischio

La matrice di rischio è un utile strumento per vedere in via grafica dei rischi e della combinazione dei loro livelli di magnitudo e frequenza. E’ spesso usata quando viene effettuata una analisi semi – quantitativa.

Questo tipo di analisi utilizza un approccio numerico, tipico di una analisi quantitativa, unitamente ad assunzioni conservative circa la valutazione del livello di severità delle conseguenze. La valutazione della frequenza di accadimento delle cause iniziatrici d un evento e l’efficienza delle misure di controllo.

In generale i risultati di una analisi semi – quantitativa sono espressi in ordini di grandezza. Ad ogni modo, una matrice di rischio è generalmente usata anche per analisi di tipo qualitativo.

Nella figura di fianco ad esempio sia la probabilità che la severità sono espresse in termini qualitativi. Questi devono essere valutati da un team esperto. Col fine di assegnare l’adeguato livello di rischio, dato dalla valutazione di una certa classe di severità con una specifica classe di probabilità.

Invece, in una analisi semi – quantitativa, la frequenza di accadimento è in genere espressa in occasioni per anno (occ/anno). Mentre le conseguenza sono valutate attraverso un livello progressivo da 1 (la meno severa) a 5 (la più severa). In relazione alla severità della conseguenza prevista. Nell’esempio, la regione rossa definisce i rischi più severi.

Le regioni di rischio

Un rischio ricadente in questa regione spesso richiede lo stop immediato dell’attività svolta dall’azienda in tale ambito, essendo sicuramente non accettabile. L’area gialla della matrice identifica una regione particolare della matrice dove il rischio potrebbe essere accettato (rischio tollerabile).

I rischi che ricadono in questa regione richiedono uno studio ALARP (As Low As Reasonably Practicable). Brevemente, si tratta di una analisi costi/benefici del potenziale intervento richiesto per mitigare ulteriormente il rischio, al fine di traguardare la regione di accettabilità.

Poiché la mitigazione può richiedere uno sforzo economico che non è giustificato dalla riduzione del livello di rischio. Un rischio residuo ricadente nella regione ALARP potrebbe essere accettato tale e quale. Il datore di lavoro, o in generale chi ha la responsabilità del rischio, si assumerà la responsabilità di questa scelta basata su una analisi costi/benefici.

Infine, la regione verde riguarda i rischi accettabili. Per essi non è richiesta alcuna ulteriore mitigazione o studio ALARP.

Lo studio ALARP e la gestione del rischio residuo

Ogni azienda dovrebbe supportare gli studi ALARP, aiutando a sviluppare una strategia globale di mitigazione del rischio per gli scenari ritenuti credibili. Valutando ed assegnando una priorità ad ogni azione di mitigazione del rischio percorribile che possa ridurre il rischio associato ad uno scenario fino ad un livello ALARP.

Inoltre, per quegli scenari privi della possibilità di ridurre ulteriormente il livello di rischio. Ogni azienda dovrebbe fornire un meccanismo per documentare che il rischio considerato sia già ad un livello di tollerabilità (ALARP).

Ogni opportunità potenziale di mitigazione del rischio trovata nell’ambito del processo ALARP sarà documentata come:

  • Una raccomandazione;
  • Un’opzione che non è raccomandata per via della sua impraticabilità in relazione alle risorse da porre in essere. Ivi comprese quelle per il mantenimento della raccomandazione nel tempo;
  • Un’opzione che non è raccomandata per via di altre opportunità di mitigazione del rischio valutate e ritenute più favorevoli.

L’iter dello studio ALARP

Occorre notare che le alternative di mitigazione del rischio sono spesso non mutualmente esclusive. Pertanto raccomandazioni multiple potrebbero risultare dallo studio ALARP di un singolo scenario di rischio. Inoltre, non tutte le misure di riduzione del rischio. Ovvero raccomandazioni in uno studio ALARP saranno generalmente classificate come misure di controllo (barriere).

Quelle azioni raccomandate che non si possono qualificare come barriere, perché non producono una riduzione del livello di rischio agendo sulla frequenza di accadimento. Ovvero sulla severità di uno scenario. Saranno valutate collettivamente come “altre misure”.

Esempi di “altre misure” potrebbero essere, in funzione del contesto, segnali di allarme o etichettature. In definitiva uno studio ALARP intende rispondere in modo strutturato alle seguenti principali domande, per ogni scenario di rischio oggetto di valutazione:

  • Quali alternative sono disponibili per eliminare, ridurre o gestire il rischio residuo?
  • Quali fattori determinano la praticabilità di ogni alternativa di mitigazione del rischio?
  • Quanto la mitigazione del rischio è sostanzialmente raggiunta dalla misura?
  • Quali risorse sono necessarie per realizzare la misura?
  • La misura dovrebbe essere realizzata anche in impianti/luoghi di lavoro simili?
  • Quanto tempo richiederebbe la realizzazione della misura?
  • Qual’è la disponibilità della misura?

In generale, la strategia di riduzione del livello di rischio impone una gerarchia nelle possibili opzioni, secondo il seguente ordine:

  • Eliminare il pericolo (ad es. modificando l’attività);
  • Ridurre il pericolo (ad es. diminuendo la quantità di sostanze infiammabili stoccate);
  • Controllare il pericolo attraverso misure (barriere) aggiuntive.

Secondo tale gerarchia, ad esempio, un’azione che elimina il pericolo avrà un beneficio molto più grande dell’installazione di una barriera aggiuntiva per controllare il pericolo.

Come fare l’analisi costi/benefici?

Appare abbastanza chiaro dunque che un punto focale dell’analisi ALARP sia quello legato alla valutazione costi/benefici. Sebbene esistono diverse metodologie per eseguire questa analisi, ai nostri fini può essere sufficiente vedere l’analisi di tipo qualitativo.

Questa si basa sulla adozione di una matrice. Per ogni rischio ricadente in regione ALARP, l’analista si chiede quali siano i costi attesi dalla realizzazione di una particolare opzione. La scala dei benefici potrebbe ad esempio essere la seguente:

  • Alto: il rischio esce dalla regione ALARP e diventa accettabile;
  • Medio: il rischio riduce il livello, ma permane nella regione ALARP di tollerabilità del rischio residuo;
  • Basso: la misura non riduce il livello di rischio.

La definizione del livello dei costi dipenderò chiaramente dalla sensibilità dell’azienda e da altri criteri di politica strategica. Sia in ternimi economico/finanziari che tmeporali.

Dunque secondo il modello costruito opzioni dal costo elevato e dai benefici bassi non saranno realizzate. Mentre invece misure dai benefici alti verranno sempre portate avanti. A prescindere dai costi connessi con la loro realizzazione.

Nel computo dei costi è necessario considerare sia le risorse necessarie per la progettazione dell’ulteriore controllo. Sia quelle connesse con la sua attuazione e con il suo mantenimento nel tempo.

Di fatto, come i rischi che intendono ridurre, anche i controlli possiedono un proprio ciclo di vita. In questo ambito le risorse per il mantenimento dell’efficienza nel tempo potrebbero rivestire un ruolo cruciale. Addirittura essere una discriminante per la scelta della più opportuna misura di trattamento.

Questo introduce ad un altro concetto ancora che è quello della gestione del rischio nel tempo. Per ora però concludiamo qui questo articolo. Vi invitiamo come sempre a registrarvi alla nostra newsletter sicurezza per rimanere sempre aggiornati sulle varie attività e novità.