sorveglianza sanitaria periodica

Sorveglianza sanitaria periodica ed analisi del protocollo

Proseguiamo la nostra analisi in tema di sorveglianza sanitaria periodica. Valutiamo in dettaglio quanto indicato nel protocollo di sicurezza sul lavoro anti contagio.

Il protocollo in merito alla sorveglianza sanitaria periodica prevede che:

La sorveglianza sanitaria periodica non va interrotta. Questa rappresenta una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale.

Ciò sia perché può intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio. Nonché per l’informazione e la formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio

Questo punto sembrerebbe in contraddizione con le indicazioni scientifiche. Tra l’altro già ampiamente tradotte in disposizioni legislative. Le quali prevedono la necessità di limitare i contatti quale misura fondamentale per ridurre il numero dei contagi.

Nel contesto delle misure di sicurezza rientra anche la richiesta del mantenimento del distanziamento sociale. Questa però è un misura impossibile da osservare durante la vista medica nel corso della sorveglianza sanitaria periodica. Specialmente in occasione dell’esame obiettivo. 

Peraltro il punto sembrerebbe incongruente con quanto è avvenuto e sta avvenendo nel mondo della sanità con la chiusura delle attività  ambulatoriali.

Nonché degli ambulatori dei medici di medicina generale e con la sospensione delle visite fiscali dei medici dell’INPS.

Le considerazioni sulle indicazioni del protocollo

D’altro canto in merito alla possibilità di intercettare con la sorveglianza sanitaria periodica una sintomatologia tanto aspecifica quanto subdola come quella da COVID-19. Ovvero casi sospetti di contagio. Sembra non tener conto che questi casi sarebbero presenti in azienda a dispetto delle disposizioni di interdizione dal lavoro indicate del DPCM del 08/03/2020.

Le quali sono rivolte agli stessi lavoratori come espressa indicazione e ribadite nel protocollo in oggetto all’art. 1

Infine, in un “discutibile” calcolo rischi/benefici si può affermare una cosa. Tra l’altro già confermata in questi giorni. Cioè che i supposti benefici della sorveglianza periodica possono essere vanificati da un alto rischio che lo stesso medico diventi un accettore e/o untore del contagio.

Intanto, nell’ambito della sorveglianza sanitaria periodica, rispondendo all’attuale reale domanda di consulenza delle imprese e dei lavoratori, con attività di informazione e formazione sulle misure di contenimento.

Nonché sui comportamenti, per gestione dei casi personali legati ai dubbi sulla salute dei lavoratori e dei loro familiari. Ancora, la collaborazione con i datori di lavoro, RSPP ed RLS sulle corrette procedure di lavoro e sull’adeguamento nella gestione del lavoro.

Inoltre, la collaborazione con i dipartimenti delle ASL / ATS di malattie infettive per valutare i contatti stretti nelle aziende ed il loro monitoraggio sanitario durante la quarantena.

La sorveglianza sanitaria periodica

Tutte le attività sopra indicate vengono ormai da settimane garantite da tutti i medici competenti in un’attività qualificante, continua ed appassionata sia in azienda che da remoto.

In definitiva l’attività di sorveglianza sanitaria periodica in questo periodo di emergenza dovrebbe rispettare più che il decalogo del Ministero della Salute – che richiama per lo più norme di igiene per la popolazione generale – quei “livelli adeguati di protezione” indicati nella stessa premessa del protocollo.

Che cosa bisogna intendere per livelli adeguati di protezione? Probabilmente quelli che già non si sono ritenuti sufficienti. Ovvero tali da non giustificare un alto rischio di contagio.

Cioè le misure necessarie per proseguire lo svolgimento di analoghe attività sanitarie del SSN. Ad esempio visite ambulatoriali ospedaliere non urgenti. Ancora, studi di MMG, visite fiscali, ecc.

Più o meno tempestivamente sospese. Le quali per un criterio poco noto dovrebbero essere presenti invece in una fabbrica.

Altre indicazioni fornite in materia di sorveglianza sanitaria periodica

Altra indicazione fornita dal protocollo è la seguente:

Il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità. Nonché patologie attuali o pregresse dei dipendenti.

L’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie

A riguardo sembrerebbe che il riferimento sia all’articolo 3, comma 1, lettera b) del DPCM 8 marzo 2020. In questo si chiarisce che è fatta espressa indicazione a tutte le persone anziane. Nonché affette da patologie croniche.

Ovvero con multimorbilità o con stati di immunodepressione congenita o acquisita di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora.

Questo fuori dai casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere una distanza di sicurezza di almeno un metro.

E’ evidente per motivi di privacy e di segreto professionale. Nell’ambito della sorveglianza sanitaria periodica. Che non può essere il medico competente a segnalare all’azienda situazioni di particolare fragilità. Nonché patologie attuali o pregresse dei dipendenti.

Infatti, non a caso, è indicato dagli attuali decreti in vigore di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità. Nonché di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere una distanza di sicurezza di almeno un metro.

Tale misura è rivolta alla persona “fragile” ed è quindi questa che si deve fare parte attiva. Peraltro si tratta in genere di situazioni cliniche non correlabili all’attività professionale.

Di queste situazione inoltre non sempre il medico competente è a conoscenza.

Magari, come già suggerito, si potrebbe prevedere una procedura per contemperare le due criticità emerse. Cioè che il lavoratore consulti il suo medico di medicina generale. Il medico competente poi, anche in forza della certificazione del collega, segnalerà il caso alla direzione aziendale per gli opportuni provvedimenti.